La patalogica

La superpatata di Alessandro Cecchi Paone ha ispirato un’interessante discussione sulla fallacia di certi ragionamenti. In particolare, Luca Chittaro ha messo in guardia contro l’argomentum ad ignorantiam usato dal Paone.

Voglio qui difendere Cecchi Paone e la superpatata, e lanciare l’idea della patalogica. Similmente alla patafisica di  Alfred Jarry, la patalogica sarà una logica di eccezioni, non di regole.

Che la patalogica sia necessaria si vede dal fatto che senza fare errori nella logica standard noi non potremmo capire il linguaggio,  fare scienza, forse neanche sopravvivere. Infatti, come mostrò Peirce, la base del nostro ragionamento non solo quotidiano ma anche scientifico è l’abduzione, e questa altro non è che la fallacia dell’affermazione del conseguente: 

A implica B, B è vero, allora A è vero 

una solenne corbelleria, con la quale però, come spiega Eco, Sherlock Holmes risolve i suoi casi.

Esempio. se possiedo una grossa auto sono ricco, io sono ricco, quindi possiedo una grossa auto. Giusto? Sbagliato! Potrei comunque preferire una vecchia carretta.

Ma quale ricco andrebbe in giro su una vecchia carretta? Questo la logica non lo spiega, la patalogica lo spiegherà!

 

  • Guido |

    Senz’altro. Però non sarei d’accordo nel considerare la statistica come un’estensione della logica per come l’abbiamo intesa qui. La statistica va dalle osservazioni alle leggi (mediante una ‘logica induttiva’, ma attenti a non farsi fuorviare dal nome), mentre la logica (deduttiva) va dalle leggi alle osservazioni (sotto interpretazioni date). Insomma, sono due prospettive radicalmente complementari. Poi ci sono logiche (es. fuzzy, many-valued) che facilitano l’integrazione di queste prospettive. Ma quello che infine vorrei dire con questo discorso sulla patalogica, che ha preso una piega inaspettatamente seria, è che la logica ha un campo di applicazione limitato, e che spesso invece si tende ad abusarne. Di qui la provocazione…
    Grazie per il commento!

  • Xavier Giannakopoulos |

    Forse è utile menzionare nel dibattito che l’estensione statistica della logica seguendo i principi di Bayes permette di risolvere con eleganza alcune delle questioni sopra.
    In particolare il meccanismo detto “explaining away” fornisce una base matematica per l’abduzione: “se possiedo una grossa auto sono ricco, io sono ricco, se non ho una grossa auto, se non ho quadri, se non ho una grande casa, se non acquisto capitale e/o potere, che ne faccio di questa ricchezza?”
    Per quanto riguarda la giustizia, il metodo di Bayes è stato utilizzato per correggere errori giudiziari basati su argomenti fallaci, veda la drammatica storia di Sally Clark (http://www.sallyclark.org.uk/), con successo, anche se l’uso sistematico di un metodo statistico nella giustizia non è (ancora?) una pratica comune.
    Infine, il metodo statistico permette di incorporare una questione fondamentale, per esempio nel caso della superpatata: i presupposti e gli interessi delle parti in gioco. Non mi pare opportuno dimenticare che sia il principio di precauzione, sia la diffidenza nei confronti degli OGM sono alimentati dal fatto che alcuni attori in gioco hanno un potente interesse verso l’accettazione dei cibi OGM, il che, secondo lo stesso meccanismo dell'”explaining away”, diminuisce in qualche misura la loro propensione alla ricerca del vero.
    Per concludere, l’uso dell’estensione statistica della logica permette di risolvere alcune limitazioni ardue per la logica classica in un modo matematicamente pulito.
    Migliori saluti.

  • Antonio Lieto |

    Sono in disaccordo con almeno due punti del suo ultimo commento. Ma non replicherò. Continueremmo ad andare avanti all’infinito sostenendo due posizioni antitetiche (ma entrambe rispettabili).
    Ad ogni modo sono io che ringrazio sia lei che il Professor Chittaro per i vostri due bellissimi post che hanno alimentato un dibattito, credo, molto interessante.
    Un cordiale saluto.

  • Guido |

    Caro Antonio, io sarei d’accordo con lei, e simpatizzo comunque col suo positivismo, ma c’è un problema. La logica dice qualcosa di sensato in tutti quei casi in cui noi sappiamo la verità. Se abbiamo problemi con la verità, la logica serve a poco: tutt’al più ci potrà dire ciò che è giusto o sbagliato in linea di principio, secondo alcuni princìpi anch’essi problematici, ma è con giudizi ‘primitivi’ che noi dobbiamo anzitutto fare i conti. Ora, purtroppo, quello della verità è un problema su cui gli Uomini non hanno le idee molto chiare. Nietzsche poi, come saprà, diceva che non ci sono verità ma solo interpretazioni, e se fosse così saremmo proprio nei pasticci…
    Molti politici, infine, per venire al suo punto, non hanno affatto bisogno di paralogismi, la verità l’inventano e la reinventano di continuo, dopodiché fanno discorsi perfettamente coerenti. Bisognerebbe rileggere 1984 di Orwell …
    La saluto molto cordialmente e la ringrazio per i suoi commenti.

  • Antonio Lieto |

    Come lei sa non ci sono classifiche di “accettabilità delle fallacie logiche”.
    In alcuni contesti, però, (come ad es nel contesto giuridico che lei ha citato) ci sono motivi di ordine storico, filosofico e, nel caso dei tribunali, di teoria del diritto che spingono ad accettare alcuni argomenti non logicamente corretti.
    Ad es. nel diritto è pienamente avallato l’utilizzo di varie forme di argomenti non logicamente corretti. Anche lo stesso argumentum ad ignorantiam è accettato (in qualsiasi corte di giustizia vale la “presunzione di innocenza fino a prova contraria”).
    Ma è accettato per questioni di teoria del diritto in cui si cerca sempre di proteggere colui che, nella situazione contingente, si trova ad essere la parte più “debole”, più esposta (la “presunzione di innocenza” è un diritto civile fondamentale).
    Anche nel campo della comunicazione politica l’utilizzo di argomentazioni fallaci è all’ordine del giorno.
    Ma vede: sia l’ambito giuridico che quello politico sono per eccellenza i campi della teoria dell’argomentazione e della retorica.
    Parlare di teoria dell’argomentazione e di retorica significa parlare, più in generale, di comunicazione persuasiva (cioè di un tipo di comunicazione che non si prefigge come obiettivo il raggiungimento della Verità, bensì il raggiungimento di un consenso verso coloro che sono i destinatari dell’atto comunicativo).
    Ora: il fatto che, in certi ambiti, questo tipo di ragionamento sia stato, in un certo senso, “avallato” non giustifica affatto il suo utilizzo da parte di chi pretende di fare una asserzione “scientificamente provata”.
    Altrimenti, immaginando di essere nel XVI secolo e seguendo il suo ragionamento, avremmo finito per avallare anche una tesi (sostenuta da molti uomini di Chiesa e dotti del tempo) del tipo:
    Premessa 1: “Se la teoria eliocentrica di Copernico fosse vera allora la terra non si troverebbe al centro dell’Universo”
    Premessa 2: “Ma ciò avrebbe conseguenze disastrose per la religione e la scienza”
    Conclusione: “La teoria eliocentrica è errata e blasfema”
    Questo la logica non lo ammetteva (argomentum ad consequentiam) ma la patalogica (utilizzata dalla Chiesa per difendere la teoria geocentrica su cui fondava gran parte della morale del tempo) lo “spiegava”.
    Il punto allora, per come la vedo io, è questo: non esiste una classifica di accettabilità delle fallacie logiche ma ci sono alcuni ambiti in cui il loro utilizzo non può essere tollerato allegramente.
    Uno di questi ambiti è quello scientifico: anche se è vero che l’utilizzo di ragionamenti non deduttivi è un valido strumento euristico di “aiuto alla scoperta” bisogna comunque cercare di tendere verso forme di ragionamento che garanticano una solidità logica alle affermazioni che si fanno.
    Un altro di questi ambiti in cui le fallacie sono utilizzate ma è bene che non siano tollerate è quello politico. In questo settore si utilizzano con grande frequenza (e con diversi gradi di consapevolezza) argomentazioni fallaci che “sfruttano” alcuni errori sistematici tipici del ragionamento umano (errori studiati anche in psicologia cognitiva e in psicolgia delle decisioni) per persuadere, cioè per ottenere dai destinatari del processo comunicativo il consenso riguardo le tesi proposte dall’emittente.
    Ora il fatto che tali argomentazioni siano usate non implica il fatto che debbano essere avallate o tantomeno difese. Anzi in tutti quegli ambiti che incidono direttamente sulla vita di ognuno di noi (come ad es. l’ambito politico) credo sia necessario (anche, se vuole, per motivi di carattere etico) “smascherare” o quantomeno rendere evidente a tutti la scorrettezza di alcuni ragionamenti per evitare che alcun persone (i poltici nel caso in questione) basino il loro consenso sulla sprovvedutezza, argomentativa, di altre persone (nel caso specifico gli elettori).
    Questa è la mia modesta opinione. La chiedo scusa per la lunghezza eccessiva del commento.

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