Ontologia del punto G

Post serissimo. Astenersi buontemponi.

La comunità scientifica continua a dividersi sul 'punto G'. Sul fatto che la zona erogena femminile postulata dal ginecologo Ernst Gräfenberg esista o meno continua uno strenuo dibattito, come se il punto fosse una divinità dei nostri tempi. 

Come il nome suggerisce, il punto G dovrebbe essere una regione di spazio, ma più precisamente si tratterebbe di un 'continuante' (cioè qualcosa che, in ogni istante in cui esiste, esiste per intero), che ha qualità spaziali, cioè è localizzato. Eppure, proprio la sua localizzazione è un aspetto controverso, sicché hanno buon gioco i negazionisti quando osservano che, lì dove di volta in volta si suppone che sia, non c'è in realtà nulla di particolare. Niente localizzazione, niente entità.

Ma i sostenitori del punto G ribattono che esiste una zona da cui il piacere femminile origina, ed è dunque lecito dare un nome a questa regione. Saremmo dunque in presenza di un ente 'continuante' che, per esserci,  dipende da un ente 'occorrente' (cioè qualcosa che ha fasi temporali, un evento per intenderci). In questo caso, il punto G sarebbe come un teatro o un campo da tennis, cioè un luogo deputato a certi eventi. Ma poiché pare non ci sia nessuna struttura morfologica che lo distingue (laddove i luoghi deputati in genere ne hanno), il punto G sarebbe come un campo di battaglia, cioè un posto qualsiasi dove però un giorno accade qualcosa di eccezionale, rendendo il luogo memorabile.

Una cosa è certa: se il punto G esiste, dipende esistenzialmente da uno o più eventi. Dunque è un ente che ha una grande intimità col tempo. Allora forse non dovremmo cercarlo così ossessivamente nello spazio, ma dovremmo metterci nell'ordine di idee di farne esperienza.

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  • eva |

    dato l’argomento l’approccio empirico mi pare quanto mai appropriato

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