La Rete è Liberty

Gustav_klimt_032Gli anglosassoni hanno due parole per parlare di libertà: freedom e liberty. La prima significa assenza di restrizioni  rispetto a determinate leggi o regole sociali, la seconda denota la possibilità dell’individuo di disporre di sé, che precede e trascende leggi e convenzioni. Le vicende etimologiche hanno in questo caso avvantaggiato gli anglosassoni: essi hanno approfittato sia del protogermanico frijaz che del latino libertas e hanno dato voce ad una profonda distinzione ontologica:  libertà particolare vs libertà universale. Noi, per riferirci a due nozioni così diverse, ce la dobbiamo cavare con una sola parola, e spesso siamo in affanno. Anzi, qualche linguista direbbe che mancandoci una chiara distinzione lessicale ci manca pure una chiara distinzione ontologica.

Alla liberty John Stuart Mill dedicò il celebre saggio che verte sulla "natura e i limiti del potere che la società può legittimamente esercitare sull’individuo", uno dei testi chiave del liberalismo. E’ noto come il pensiero liberalista si sia sviluppato maggiormente nei Paesi anglosassoni e abbia a lungo stentato nel Continente, tra dittature e gerarchie varie. Tuttavia è indubbio che il liberalismo abbia fatto molta strada anche da noi, specie negli ultimi vent’anni. Il motivo non è, a mio avviso, la caduta del muro di Berlino, ma la nascita della Rete.

La Rete limita il potere che la società può esercitare sull’individuo. I regimi totalitari non possono convivere con essa. Non potendola eliminare fisicamente devono controllarla, ma lo fanno con molta difficoltà. Le democrazie dirigiste come la nostra vorrebbero vincolarla, ma, semplicemente, non ce la fanno. Basta una petizione online per mettere in fuga quei sottosegretari che, di tanto in tanto, sono mandati avanti a sondare il terreno.

Nella Rete l’individuo dispone di sé e dispiega la sua capacità critica grazie alle proprietà libertarie inerenti al mezzo, che sono irriducibili. La classe politica deve prendere contatto con questa realtà, piuttosto che ignorarla o negarla. E noi dobbiamo imparare a usare il termine libertà in senso anglosassone, non per designare una particolare condizione in cui ci troviamo ma un diritto universale di cui dobbiamo fino in fondo appropriarci.

Credits: da una piacevole discussione con l’amico e collega Dino.

  • Polymathicus |

    Ciao Guido,
    certamente si udiranno, prima o poi (piu’ prima che poi), le cupe buccine delle legioni, nella Magica Foresta che e’ la Rete: citando Philip K. Dick,
    —The Empire never Ends—-
    Ma e’ pur vero, per rimanere in tema anglo, che “Freedom is not free” (nota che qui si usa freedom, l’irriducibile liberta’ del singolo, e non semplicemente la liberty). Dovremo battagliare per difendere la nostra freedom.
    A presto
    Poly
    PS Sono d’ accordo con te: Stromberg ha torto. Liberty e Freedom stanno come due poli di un’ eterna dialettica, il cui centro e’ la (ineffabile) liberta’ totale dell’ uomo. La sola ragione per averlo citato era la parte dotta sull’ etimologia, che e’ peraltro incompleta (la polisemia di freedom e’ un pozzo senza fondo…..)

  • Guido |

    Ciao Poly, grazie per gli apprezzamenti. Suggestiva l’idea della Rete come una foresta che risuona primitiva e libera, anche se viene in mente che poi un giorno potrebbero udirsi le buccine delle legioni romane .. Non sono affatto d’accordo con Stromberg, liberty e freedom non potranno essere usate in modo interscambiabile, la presenza dei due termini non è solo un fatto storico, ma riflette una distinzione profonda. Quella appunto che noi neolatini facciamo fatica a concepire.

  • Polymathicus |

    Caro Guido,
    fa piacere trovare, nella pattumiera planetaria della Rete, qualche gemma rara come questo tuo post. La distinzione etimologica tra Liberty & Freedom e’ davvero affascinante, anche se forse un poco piu’ complessa di cio’che suggerisci qui sopra.
    L’ inglese e’ un po’ come la Rete: un garbage collector linguistico. Questa e’ sia la sua grande forza, attestata da una incredibile varieta’ lessicale, sia la sua debolezza (quando cerco di filosofeggiare in inglese, mi vengono improvvisi conati di vomito).
    Tornando alla Liberty/Freedom, il fatto e’ che in generale i termini anglosassoni sono piu’ crudi e concreti, meno “intellettuali”, ma anche piu’ incisivi. Il vocabolo liberty, di chiara derivazione latina (attraverso la mediazione del francese normanno), rimanda a liber, ed al senso romano di libertas (la libertas all’ interno della societas).
    Freedom e’ comune tra i germani: basti pensare a Freiheit, vrijheid, etc. La radice proto-germanica signfica libero, ma originariamente ha una incredibile polisemia, che include “essere libero”, “appartenersi”, “essere caro”, et cetera
    Ecco qui un articolo dotto sull’ argomento:
    http://www.lewrockwell.com/stromberg/stromberg14.html
    Nell’ anglosassone, cosi’ come nell ‘americano, e’ rimasta una archetipa voglia anarcoide di individual freedom, qualcosa ai margini del sociale, di qualsivoglia societas. La sua freedom fa pensare al bosco, alle foreste del nord, alle praterie.
    In qualche modo, nella nuova jungla della Rete, quel senso ancestrale risuona di nuovo, magico come un canto sommesso…
    Un saluto
    Polymathicus

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