Credenza e ragione: una alla volta

Uno studio di alcuni neuroscienzati danesi (recensito in italiano qui) mostra che chi è propenso a credere a qualcuno (ad esempio un predicatore) 'spegne' letteralmente i lobi frontali (sede del ragionamento) quando si trova al cospetto del proprio idolo. Sembra che di fronte al carisma il cervello sia in grado di entrare in 'modalità credenza' e, quando questo accade, le 'funzioni di ragionamento' vengano fisicamente disattivate.

Immagino – ma non sono un esperto – che sul piano evolutivo questo possa avere a che fare con le attività sociali complesse come ad esempio la caccia. Se c'è un individuo che mostra una capacità di leadership, la cosa migliore per il gruppo è che gli si creda senza fare troppi sofismi. Oltretutto, sembra che ragionare faccia consumare molte energie.

Tornando alla questione della convivenza tra fede e ricerca, lo studio dei danesi confermerebbe non solo che questi due atteggiamenti, così diversi, possono coesistere in una società, ma che vi sono meccanismi fisiologici che portano in effetti a situazioni in cui un individuo (ad esempio un predicatore) ragiona, e tutti gli altri gli credono. I problemi nascono evidentemente quando fedi diverse entrano in contatto (situazione difficile da gestire a lobi frontali spenti), o quando tutti si ragiona, ma le teorie sono sbagliate.

Anche nello stesso individuo credenza e ricerca possono coesistere, ma non allo stesso tempo: la 'modalità credenza' esclude infatti il pensiero razionale.

L'istante è l'ultimo baluardo della coerenza personale.