In questi giorni, una pubblicazione dei data scientist della Facebook Inc. ha suscitato molto scalpore:
Mostriamo, tramite un esperimento di massa su Facebook (N = 689.003), che gli stati emotivi possono essere trasferiti ad altri tramite contagio emotivo, portando le persone a vivere le stesse emozioni senza la loro consapevolezza. Forniamo evidenza sperimentale che il contagio emotivo avviene senza l’interazione diretta tra le persone ( è sufficiente l’esposizione ad un amico che esprimere un’emozione), e in assenza di segnali non verbali.
A ben vedere, però, non si tratta di nulla di particolarmente sorprendente. Il fenomeno del priming (il condizionamento indotto dalla ripetizione di uno stimolo) è noto e studiato dagli psicologi fin dagli anni ’70. E anche senza scomodare la psicologia sperimentale, tutti sappiamo che ‘ridere è contagioso’.
Quello che non ha fatto ridere è la circostanza che l’esperimento sia stato condotto su poco meno di un milione di utenti ignari, di cui è stato alterato il flusso delle comunicazioni. Sicché si è gridato da più parti alla manipolazione, mentre sono giunte le goffe scuse degli executive dell’azienda.
Dunque: Facebook rivela oggi di aver fatto (peraltro nel lontano 2012) un esperimento manipolatorio ai danni dei propri utenti, allo scopo di verificare ciò che tutti, scienziati, comunicatori, politici, gente qualunque, sanno da sempre. Ma che senso ha?
Azzardo un’ipotesi: il vero esperimento di Facebook inizia adesso. Si tratta di valutare l’impatto della notizia-shock sul mondo. Quanti utenti abbandoneranno la piattaforma? Calerà il numero dei nuovi iscritti? Governi e autorità sovranazionali metteranno mano a nuove regole?
Se tutto continuerà come prima, Facebook avrà dimostrato una cosa assai meno banale e risaputa del priming: e cioè che il mondo è prono a qualsiasi manipolazione da parte di chi possegga porzioni significative delle reti di comunicazione sociale. Ottima notizia per chi sulla passività popolare lucra potere e soldi.