Un bel libro che consiglio: Proust era un neuroscieziato di un giovanissimo neurobiologo statunitense prestato alla divulgazione che si chiama Jonah Lehrer, di cui segnalo anche un interessante blog.
La tesi di Lehrer è che ci siano stati, tra Otto e Novecento, poeti, pittori e musicisti – Walt Whitman, George Eliot, Marcel Proust, Virginia Woolf, Paul Cézanne, Igor Stravinskij – ma anche lo chef George Escoffier, i quali intuirono una verità essenziale sulla nostra mente, prima che le neuroscienze offrissero teorie a riguardo.
Questa verità è che nel percepire, giudicare e ricordare, la mente ci mette molto del suo. Insomma, le idee gestiscono il nostro rapporto con la realtà, e da questa sono in larga misura indipendenti. Una indipendenza alla cui origine non c'è però un iperuranio, bensì alcuni caotici meccanismi biologici alla cui base si troverebbero i prioni.
Lehrer affronta anche il tema della coscienza, che come la Woolf racconta, emerge misteriosamente dall'ammasso incoerente dei pensieri. Forse un giorno i neurobiologi arriveranno ad osservare la sua insorgenza materiale. Molti filosofi dubitano però che quel giorno ne avremo una spiegazione.