Libero consenso

Bernini_3 La verità è l’adeguatezza dei detti ai fatti, mentre il consenso è, per qualche detto, qualche fatto e qualcuno, l’attribuzione di tale adeguatezza. Agli antichi piacque pensare che il consenso della maggioranza fosse un criterio per stabilire la verità dei detti (argomentum ad populum) ma già al tempo si levarono proteste verso questa grossolana concezione. Gli efferati consensi che nel Novecento furono tributati alle falsità dei totalitarismi fugano per noi ogni dubbio riguardo alla tragica autonomia del consenso rispetto alla verità, eppure le teorie ‘postmoderne’ sulla verità come giustificazione mettono di fatto la verità al servizio dell’opinione, e dunque l’antico e rozzo argomentum potrebbe ricevere una moderna e raffinata veste.

L’intuizione della libertà del consenso rispetto alla verità, e della sua utilità, è alla fonte di ogni demagogia, da quella innocua dell’imbonitore a quella nefasta dei più terribili dittatori. L’idea cattolica che sulle le indimostrabili verità di Dio ci si debba persuadere piuttosto che interrogare è stata dipinta mille volte nei tripudi di putti e angeli che ammiccano dalle volte delle nostre chiese barocche. Insomma, da sempre, con diversi gradi di raffinetezza, e con le più diverse intenzioni, buone e cattive, ottime e pessime, la libertà del consenso è considerata, da chi ha voce per dire,  non come una rischiosa condizione esistenziale, ma come una preziosa leva.

Se amo il web è appunto perché spero che possa ridurre i gradi di libertà del consenso.

  • Andrea |

    Ho apprezzato molto questa riflessione (che qualcuno chiamerebbe “post”). Non mi pare che la Chiesa abbia mai fatto leva sul consenso della maggioranza, e già S. Agostino scriveva “Multitudo non est sequenda”. Le religioni piuttosto hanno santificato la verità – “Il Santo Vero mai non tradir” diceva Carlo Imbonati al Manzoni nel carme scritto da quest’ultimo; per cui vedo casomai il problema dell’accettazione della verità, e mi stupisco ogni volta che se ne parla con disinvoltura, quasi essa esistesse., nitida e reale.
    Sul web poi, non nutro le medesime speranze di Guido. Il web com’è ora è quantitativo, e spero mi si consenta un esempio banale: se la maggioranza delle pagine comincia ad usare un termine sbagliato, attraverso i motori di ricerca gli utenti comincieranno a credere che quel termine sia giusto solo perché prevalente rispetto a quello che è davvero corretto. Perciò la vedo male. Ma le vie del web, pur non infinite, sono molteplici.

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