Integrare informazioni che provengono da diversi sistemi: questa è, oggi, una delle più grandi sfide dell’informatica. Grande sia per gli interessi concreti che ci sono dietro, sia per la profondità dei temi non solo tecnici che la ricerca in questo campo deve affrontare. La scorsa settimana, nell’ambito delle attività del Bertinoro International Center for Informatics, si è tenuto il workshop internazionale INFINT 2007, dedicato appunto all’intergazione di informazione. Lo hanno organizzato Phokion Kolaitis (IBM Almaden, USA) Maurizio Lenzerini, (Università di Roma La Sapienza) e Arnon Rosenthal (The MITRE Corporation, USA). Scopo del workshop: mettere a confronto ricerca e realtà industriale per capire come migliorare l’integrazione di basi di dati (ad esempio per le banche), l’uso coordinato di servizi sul web (ad esempio per le pubbiche amministrazioni), lo scambio di informazione nelle comunità scientifiche (ad esempio in biologia), l’estrazione di informazione dal web (ad esempio per fare business intelligence).
Nel confronto tra stato dell’arte industriale e frontiere della ricerca è emerso, a mio avviso, che il problema non è tanto quello della disponibilità di tecnologie, ma quello della effettiva e diffusa capacità di usarle. Si tratta, per chi fa sistemi integrati, di analizzare a fondo i problemi informativi e progettare soluzioni che usino bene metodologie e tecnologie che tutto sommato esistono già, siano esse fornite dall’industria di nicchia (per esempio spin-off universitarie), dai grandi produttori (come quelli presenti al workshop), o dalle comunità Open Source. Spesso non ci si rende bene conto che, con un sistema progettato con superficialità, gran parte del tempo (e del denaro) verrà speso a risolvere problemi di integrazione sparsi ovunque che, pensandoci meglio, avrebbero potuto essere tenuti sotto controllo o addirittura eliminati del tutto. Questo è il punto: investire in ideazione per avere benefici nella realizzazione e nell’esercizio dei sistemi. In altre parole, usare la testa e fare innovazione.
La ricerca accademica italiana ha in questo campo un ruolo di leadership. Il lavoro dei ricercatori delle Università di Roma, Milano, Trento, Bolzano, Modena, Cosenza è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Se questo prima o poi si trasformerà per noi in innovazione è tutto da vedere.