Sembrerebbe che oltre alle diffamazioni, le istigazioni a delinquere, le apologie, vi sia un altro tipo di atti della parola che in Italia si possono inibire: le lesioni ontologiche. L'amministratore delegato di Igp Decaux, agenzia concessionaria della pubblicità sui mezzi pubblici di Genova, ha rifiutato la campagna pubblicitaria dell´Uaar (l´Unione degli atei e degli agnostici razionalisti) che diceva: "La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno" (la notizia è riportata su Repubblica). Spiega la Decaux: «riteniamo che il messaggio pubblicitario possa essere lesivo delle convinzioni morali, civili, religiose delle persone».
A questo dirigente si dovrebbe spiegare che credere che Dio non esista, così come credere che esista, non implica nulla a livello morale e civile, se è vero che molti tra camorristi e mafiosi si professano devoti, mentre gli atei sono per lo più incensurati. Ma non so se con soggetti come questo valga la pena discutere: chi sta in certe posizioni deve sostianzialmente obbedire ai propri 'stakeholders', e talvolta questo deve essere molto penoso. Tuttavia, una cosa è certa: il messaggio della Uaar lede la fondamentale convizione della maggioranza riguardo l'esistenza di Dio. Si tratta appunto di una lesione ontologica. Il messaggio non dice che i credenti sono cretini o che la Chiesa è un'organizzazione criminale (come fa notare il blog Cronache Laiche), dice semplicemente che un ente con certe proprietà chiamato Dio non esiste. Dagli stakeholders della Igp Decaux ci giunge un monito chiaro: si tratta di una lesione delle convinzioni ontologiche delle persone, perciò non si può dire.
Da un punto di vista logico, la cosa fa venire le vertigini. Da ora in poi, bisognerà stare attenti non solo a non negare l'esistenza di Dio, ma anche a non dire qualsiasi cosa che implichi tale negazione, il che sarebbe semanticamente equivalente. Ad esempio, se oggi, nella giornata del Festival delle Scienze 2009 dedicato all'Universo, qualcuno dicesse che la Terra si è formata non in sei giorni ma in un tempo significativamente più lungo, e non per volontà e opera di un ente particolare ma nel corso di un complicato processo fisico, costui di fatto affermerebbe che non esiste l'essere creatore del Cielo e della Terra, cioè che non esiste il Dio della tradizione giudaico-cristiana, e dunque lederebbe le convinzioni ontologiche di molte persone.
Da un punto di vista metafisico la vicenda non è meno affascinante. L'affermazione di una non-esistenza lede la coscienza di chi crede nell'esistenza dell'ente in questione, ma evidentemente non vale il contrario. Io, come non credente, non mi sento affatto offeso dalle frequenti affermazioni sull'esistenza di Dio. Dovrei, forse? E perché? E se non è vero che dovrei offendermi, chi è in grado di spiegarmi l'asimmetria tra me e un credente?