L'idea che le parole significhino quello che significano "per natura" è arcaica, nel senso che risale alle origini del pensiero linguistico. Fin dall'antichità fu però chiaro che la natura non teneva tutto il campo del linguaggio, di cui nessuno poteva ignorare la capricciosa convenzionalità. Per esempio, Epicuro pensava che le prime espressioni fossero state coniate su basi naturali (come le onomatopee) ma che il linguaggio si fosse poi evoluto sotto l'azione della volontà razionale degli uomini, nonché del caso.
Naturalismo e convenzionalismo non sono inconciliabili, ma vi sono state visioni e tendenze che hanno portato a enfatizzare ora l'uno ora l'altro. Saussure ad esempio, che conosceva molto bene le lingue storiche, fu drastico a riguardo del carattere arbitrario dei segni linguistici e del ruolo marginale della natura. Chomsky invece, che amava (e forse ama ancora) le algebre, enunciò celebri tesi a favore della naturalità degli universali linguistici.
Di recente, sembra che i grandi progressi compiuti dalle neuroscienze sull'osservazione delle attività cerebrali stiano dando impulso alle ricerche sulla naturalità dei significati, di cui alcuni linguisti continuano ancora oggi ad essere interessati. Ad esempio, Rizzolatti (quello dei neuroni specchio) mostra di condividere le tesi di Epicuro sull'origine del linguaggio, senza però inoltrarsi nel discorso sullo sviluppo di sistemi di comunicazione ricchi e articolati come quelli che noi usiamo. Ultimamente si è scoperto che i nomi attivano aree cerebrali diverse a seconda che si riferiscano al cibo, a strumenti, o ancora a rifugi, cosa che potrebbe in effetti suonare come un invito alla naturalizzazione di alcune parti della parti semantica.
Siamo dunque oggi in grado di sapere cosa succede nel cervello quando usiamo una parola. Cosa possiamo spiegare con questo genere di osservazioni? Non è ancora stato chiarito, ma delle due l'una: o possiamo spiegare qualcosa, oppure non possiamo spiegare nulla.
Supponiamo che il fatto che certi concetti siano localizzati in determinate aree cerebrali possa in effetti spiegare qualcosa. Ora, bisogna anche sapere che alcuni ricercatori hanno rilevato che "oggetti sociali" come il denaro sono pensati nell'area degli strumenti, ed altri ancora hanno scoperto che gli uomini, quando guardano una donna attraente, attivano i neuroni di quella stessa area. Dunque, se la co-localizzazione di donne, soldi e oggetti nel cervello può spiegare qualcosa, perché non dovrebbe spiegare anche l'orrenda nozione di donna-oggetto-merce che tanto inquina la nostra vita sociale, giustificandola come un fatto naturale?
In attesa di risposte domande di questo genere, forse è meglio credere che cose come il linguaggio appartengano ad un ordine che la natura essenzialmente non può spiegare.