Evgeny Morozov ha scritto recentemente che il tecno-utopismo nel quale è cresciuta Internet è una bufala, e che non c'è nessuna magnifica e progressiva sorte che possiamo attenderci dalla rete. Twitter non fa cadere i governi più del cinguettio degli uccelli da cui trae il nome, le reti sociali radunano i virtuosi tanto quanto i balordi, eccetera eccetera. Luca De Biase risponde che Internet è un sostrato della cultura in cui operano le libere scelte degli umani, non neutro ma neanche deterministico.
Va bene, ma c'è qualcosa che lascia perplessi. Non eravamo tutti d'accordo qualche anno fa che, almeno in qualche misura, il mezzo è il messaggio? Non ci hanno insegnato a scuola che l'invenzione di Gutenberg ha avuto un ruolo cruciale nella nascita del protestantesimo in Germania? Oggi dobbiamo invece pensare che potremmo comodamente tornare a carta, penna e calamaio, perché tanto nella nostra società, in sostanza, cambierebbe assai poco, almeno dal punto di vista qualitativo? O addirittura, qualcuno pure insinua, cambierebbe qualcosa in meglio?
Per chiarirsi le idee forse può essere utile cercare di capire meglio di cosa stiamo parlando.
Stiamo parlando di un artefatto complesso (la rete in senso fisico) che ospita eventi complessi (gli usi concreti della rete) da cui nascono 'oggetti sociali': blog, twitt, comunità virtuali, eccetera. E parliamo del fatto che questi concorrono a produrre altri e ancora più complessi oggetti sociali, come gli orientamenti, le forme politiche, i governi, le cose della cultura in genere.
Ci troviamo evidentemente in un'architettura di sostrati e dipendenze. Quella che ci interessa in particolare è la relazione che lega gli oggetti sociali direttamente a contatto col sostrato tecnologico (i twitt, ad esempio) agli oggetti sociali di più alto livello (i governi, ad esempio). E' escluso che questa relazione sia una dipendenza materiale: i governi c'erano anche prima dei twitt. Ma questo non esclude che ci sia una sorta di 'co-varianza' che mette in relazione l'immateriale col materiale, simile a quella che lega la psiche al cervello. Anzi, questo sembra che sia in effetti il caso.
Ci si chiede allora se l'esito di questa incidenza sia in qualche modo stabilito al di fuori del concreto attuarsi della relazione tra rete e cultura. E la risposta, possiamo essere d'accordo, è negativa. Ma se ci si chiede se la possibilità stessa di un'incidenza di così grande ampiezza abbia qualche valore intrinseco, allora dire di no diventa molto difficile. Si tratta infatti di due cose diverse: esito e possibilità. Forse è nel non tenerle ben distinte che talvolta nascono i grattacapi.
Ora, resta da stabilire se questo valore sia necessariamente positivo. Il fatto che una singolarità qualunque possa, nella rete, avere pressoché tanta voce quanta ne ha un governo è un bene, è un male, oppure dipende dall'esito, cioè da cosa dicono, rispettivamente, la singolarità e il governo? Non lo so, ma il solo fatto che oggi una domanda del genere possa essere formulata mi sembra molto interessante. Altro che bufala.