Merce e informazione

In una intervista riportata da Repubblica Steve Jobs parla della fabbrica cinese in cui i ragazzini che producono il suo hardware si suicidano, dicendo che a lui invece lo stabilimento non sembra così male. Poi parla del mercato dell'informazione, dichiarando di non volere un mondo di blogger, ma di giornali a pagamento (distribuiti, immagino, sui suoi iPad): "penso che la gente voglia pagare per avere contenuti".

Le fabbrica cinese, i blogger, una piattaforma proprietaria per l'informazione, credo che questi temi siano legati da un fil rouge neanche troppo sottile. Forse non è quello che Jobs ha in mente, ma non posso fare a meno di pensare che ciò che prefigura l'uomo della Apple sia il ritorno ad un mondo in cui l'informazione è parte di un sistema imprenditoriale, lo stesso che produce le merci.

In un mondo siffatto la notizia del suicidio di un ragazzo cinese potrebbe giungere a turbare l'estasi del consumatore occidentale? Certamente sì, ma questo dipenderebbe in modo sostanziale da come il mercato si configura.

Ecco, la novità del web come lo conosciamo oggi, con i blogger e tutto il resto, è, per dirla con uno slogan dal sapore un po' retrò, che l'informazione non è una merce.

 

  • Guido |

    La soglia dei diritti umani non deve mai essere oltrepassata, davanti a quello che succede nelle fabbriche cinesi dobbiamo esigere chiarezza ed esercitare il massimo della pressione, per esempio rifiutando le merci sporche di sangue, come si è fatto in altre circostanze

  • Massimo |

    Guido, per me il mercato si configura in una forma “quantistica”: si subisce sfruttandolo e si sfrutta subendolo. Steve Jobs è un mago nel coprire con il design lo sfruttamento. Un parere sulle aziende tipo Foxconn è riportato qui: http://tiny.cc/invh9

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