Dell'intervista che l'On.le Laura Boldrini ha rilasciato oggi a Repubblica, in cui lamenta i mali del web e raffigura leggi specifiche per combatterli, che ha provocato le reazioni che si potevano immaginare, mi ha colpito una frase:
"Se il web è vita reale, e lo è, se produce effetti reali, e li produce, allora non possiamo più considerare meno rilevante quel che accade in Rete rispetto a quel che succede per strada"
Certo che la rete è un luogo reale. Lo sanno bene quelli che l'hanno vista nascere e crescere, che ci lavorano, che ci investono, che ci sperano. Soltanto dal di fuori, ad esempio se la si legge sulla rassegna stampa o ce la si fa raccontare da collaboratori o nipotini, se ne può avere un concetto letterario e fittizio. Chi ci vive (incluso chi ci vive male) non ha dubbi che ciò che vi si incontra sia la stessa roba che esiste nelle dimensioni spazio-temporali. E per questo, infatti, nessuno ha mai preteso che minacce, insulti, calunnie e oscenità diffuse attraverso la rete abbiano diritto all'impunità, in base a qualche tipo di supplementare libertà di espressione.
Chi vive la rete nella sua concretezza, sa che le parole, le immagini, i suoni che vi si propagano recano lo stesso carico simbolico che avrebbero altrove. Sa anche, non perché sia un esperto di oggetti sociali ma perché l'ha vissuto direttamente, che dal simbolico si passa al concreto (e viceversa) con la fluidità degli atti linguistici. Questo ovviamente vale ovunque, e se la speciale "conduttività" della rete rende questo passaggio più rapido e ampio, è anche vero che, simmetricamente, facilita l'individuazione di chi, con atti linguistici, delinque. E comunque, non sono certo rapidità e diffusione che possono far venire meno i principi del diritto.
V'è invece da chiedersi come mai si prefigurino spesso leggi speciali per perseguire i reati (se sono reati) che vengono commessi in quella specifica porzione del reale che è la rete. E' una domada forse retorica, forse ingenua. Ma visto che l'On. Boldrini invita a parlarne serenamente, io la faccio con ontologica serenità.