L’autenticità

A differenza della verità, che spesso si dice "pura e semplice", l'autenticità è una cosa alquanto opaca e complessa. Eppure, paradossalmente, mentre la verità si può eludere, sospendere, tralasciare in mille modi, l'autenticità (e il suo contrario) ci segue sempre e ovunque, ci si attacca addosso in ogni gesto e in ogni detto, anche il più insulso, e incombe nondimeno nello spazio infinito delle omissioni, in tutto ciò che non diciamo e non facciamo. Questo conferma che, contrariamente a quanto si potrebbe ritenere, le due nozioni vadano nettamente distinte.

Non parlo addirittura dell'autenticità esistenziale, che è a fondamento del concetto di "vera\o donna\uomo". Su questa popolarissima idea si esercitano le menti acute dei venditori di profumi e dei teologi.  No, anche limitandosi all'autenticità delle cose più banali, ad esempio una fotografia condivisa con qualche commento su un social network, si resta presi in una questione filosofica non da poco.

Obama michelleDopo le ultime elezioni presidenziali negli USA, circolò una foto degli Obama teneramente abbracciati, che fu tacciata di inautenticità, in quanto evidentemente ripresa in un periodo antecedente ai fatti a cui si intendeva riferirla. La foto era verissima, ed i soggetti non erano minimamente alterati, che sarebbe stato anche difficile migliorarli. Ma – questa era l'obiezione di fondo – la si rese pertinente a qualcosa a cui era estranea, violando un patto di autenticità documentale che si suppone dover informare il comportamento giornalistico.

Dal punto di vista linguistico, credo che la questione si possa mettere cosi: la verità è  una relazione tra proposizioni e fatti (/la neve è bianca/ è vero se la neve è bianca), mentre l'autenticità è una relazione tra enunciati e situazioni. Un enunciato si fonda in genere su una proposizione, ma la colloca in un contesto e le assegna un locutore. Il mio enunciato "oggi fa freddo" comprende un'asserzione sulla temperatura dell'aria (infame), un giorno dell'anno (in cui il clima dovrebbe essere migliore), e un locutore (che sogna il mare). Solo in presenza di tutti questi elementi esso può essere valutato. Ora, se è chiaro che la verità dell'asserzione /al tempo t nel luogo l fa freddo/ si può in qualche modo misurare (ad esempio, convenzionalmente, con un termometro e una tabella di temperature stagionali), cos'è e come si misura l'autenticità del mio corrispondente enunciato? Poniamo che io sia in realtà perfettamente a mio agio con la temperatura, ma voglia far pesare a qualcuno il fatto di essere costretto a fumare in terrazzo piuttosto che sul divano. Pronuncerei in tal caso una proposizione vera, ma con un enunciato balordo, detto cioè per ottenere subdolamente un vantaggio psicologico.

Il problema, con l'autenticità, è che le situazioni nelle quali operano gli enunciati includono i soggetti e le loro intenzioni, cioè le cose più insondabili dell'universo. E includono anche le cause e gli effetti degli enunciati stessi, in un vortice metalogico che vanifica ogni ragionamento. Famosa è la storiella yiddish di  Moshele che incontra Yankele per strada e gli chiede dove stia andando. Quello gli fa il nome di un villaggio, e l'amico si infuria: "Yankele, sei un bugiardo: tu vai davvero lì, ma lo dici solo perché io creda che tu vada altrove".

Dell'autenticità, dunque, si dà solo intuizione, ma tra intuizione e paranoia il confine è molto labile. Dentro quel confine evanescente c'è, ci piaccia o meno, la nostra umanità.