Non sparate sulla logica

L’aspetto più terribile della guerra in Ucraina sono le vittime civili, la sofferenza degli indifesi e degli innocenti. Da noi abbiamo, per adesso, solo danni collaterali e immateriali. Sotto delle bombe russe cade la razionalità, tra le macerie rimane la logica.

“Per stare dalla parte delle vittime […] è necessario assumere la logica binaria della guerra?” si chiede retoricamente Tomaso Montanari. “Il paradigma della logica binaria ammette una sola direzione di marcia” e con ciò impedisce di ragionare sul conflitto, sostiene la politologa Nadia Urbinati. Insomma, sono tempi difficili per la dottrina di Aristotele che, nata per guidare il pensiero, è oggi invece accusata di offuscare le menti.

Ma davvero la logica binaria è tanto nefasta da impedire un ragionamento sensato sulla cosiddetta “operazione speciale” di Putin in Ucraina?

Nel Libro Gamma della Metafisica, Aristotele dice che “È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo”. Si tratta del “principio di non contraddizione”, fondamento della logica classica. Questo presuppone appunto il “principio di bivalenza”: una proposizione può essere solo vera o falsa, nonché il “principio del terzo escluso”, per cui ogni proposizione assume necessariamente uno dei due valori: tertium non datur.

Naturalmente, non pochi, nella storia millenaria della logica, hanno osservato che questi principi, quando si ha a che fare con le vicende umane, sono spesso troppo “forti”. Fioriscono allora, specie nel Novecento, le logiche “non classiche”. Queste ammettono diversi valori di verità (logiche multivalenti), anche infiniti possibili valori (logiche sfumate), incorporano gradi di confidenza (logiche soggettive), gestiscono contraddizioni (logiche paraconsistenti), o addirittura accolgono la coesistenza di vero e falso (logiche dialetiche). Tuttavia, questa ricerca non ha mai avuto lo scopo di svalutare la logica classica, la quale, quando si applica correttamente, mantiene intatta la funzione di guida al ragionamento e al buon esercizio del linguaggio per cui Aristotele la concepì.

La funzione euristica della logica classica si dispega anche grazie ai suoi limiti. Ad esempio, prendiamo questo enunciato:

Se manderemo armi alla resistenza ucraina, provocheremo la terza guerra mondiale

Esso si può esprimere sotto forma:

PREMESSA=Mandiamo armi in Ucraina  implica CONSEGUENZA=Scoppia la terza guerra mondiale

Oggi, la verità di questa implicazione non è sperimentata, perché si riferisce in effetti a una ipotesi sul futuro. Però la logica ci dice che l’unico modo per dire qualcosa sulla sua verità è falsificarla, mandando appunto le armi. Evidentemente non è questo che i sostenitori della tesi propongono. Dunque dicono qualcosa che non è vero e che non desiderano neanche verificare. Questo però non toglie nulla alla suggestività dell’enunciato, il quale a buon titolo può essere oggetto di credenza, in quanto la credenza, come la logica epistemica ci insegna, se ne infischia della verità. Basta saperlo, essere chiari ed evitare la sicumera quando si pronunciano frasi di questo tipo.

Chi si lamenta che la guerra ci costringe ad aderire al vero o falso, obbligandoci a posizionarci quando invece vorremmo non farlo, sta abbaiando sotto l’albero sbagliato, o forse è addirittura in malafede. Il problema non è la logica binaria, è la nostra indeterminatezza. La logica semmai ci aiuta a chiarirci le idee, sempre che siamo intenzionati a farlo.

Prendiamo appunto il caso della guerra. La guerra – qualsiasi guerra – è davvero una situazione rispetto alla quale non è il caso di determinarsi? Se affermiamo questo, allora dobbiamo ammettere che la Resistenza all’invasore nazista fu un eccesso dogmatico: i nostri partigiani avrebbero piuttosto dovuto imboscarsi. Se non vogliamo accettare questa conseguenza, allora, applicando una regola di inferenza chiamata modus tollens, dobbiamo dire piuttosto che è l’invasione dell’Ucraina, in particolare, la circostanza sulla quale vogliamo sfumare il giudizio. Ma poi ci corre l’obbligo dialettico di spiegare perché. Più facile, evidentemente, prendersela col vero e col falso.

La nozione di vero e falso come valori esaustivi e mutuamente esclusivi non è affatto da buttare via, bisogna solo usarla correttamente. Chi partecipa al dibattito pubblico dovrebbe saperlo, ed evitare di mascherare i propri legittimi e umani dubbi rovesciando il tavolo del ragionamento.