Non andrei mai ad una conferenza dove accettano i miei lavori. Però, a certe conferenze, se non lo vai a presentare, il lavoro non te lo pubblicano. Quindi sono a Santa Clara alla IEEE International Conference on Semantic Computing, ovvero: la semantica vista dalla Silicon Valley.
Vi immaginate un congresso di odontotecnici in cui i convenuti discutano appassionatamente su cosa siano i denti? O una conferenza di geologi in cui sia messo in questione cos’è la Terra? Ebbene qui alla conferenza sul ‘Semantic Computing’ si discute su cosa sia la semantica nell’Information Technology. La cosa divertente è che a discuterne non sono raffinati filosofi ma rozzi cibernetici, e se ne sentono delle belle. Ad esempio qualcuno ha detto: qualsiasi cosa che aiuti a piazzare meglio la pubblicità nelle pagine web è semantica. Povero Saussure. Per la maggior parte dei convenuti però la semantica non è un problema: una rosa è una rosa è una rosa. That’s it.
Ma qualcuno fa eccezione, e guardacaso è un italiano. Si tratta di Simone Santini, 10 anni a San Diego e ora all’Università di Madrid. Nella sua presentazione si riconoscono Wittgenstein, Heidegger, Foucault. Avevo letto un paio di anni fa la sua Summa Contra Ontologiam, provocatoria e perfino condivisibile, conoscerlo di persona è valso il viaggio.