L’aura di Jobs

Parlando della recente uscita dell'iPad, Vittorio Zambardino scrive sul suo blog una cosa che condivido e sulla quale mi interrogo da tempo: come mai nessuno si preoccupa del rischio monopolistico che deriva dall'accoppiamento tra i contenuti editoriali digitali e una specifica piattaforma di distribuzione?

Finché si tratta del fatto che le applicazioni per l'iPhone debbano passare per le clausole-capestro della Apple si può sempre dire che le apps neanche esisterebbero senza lo smartphone di Jobs. Anche iPod, per come funziona la musica digitale, non sembra costituire un grosso rischio. Non altrettanto si può dire dei contenuti digitali che verranno veicolati attraverso iPad: qui si tratta di libri e giornali, di oggetti che portano notizie, opinioni, verità e menzogne.

L'idea che la piattaforma di distribuzione dei contenuti editoriali possa cadere sotto il dominio di un monopolista dovrebbe essere per tutti un incubo: è come se, ad esempio, in un Paese libero il primo ministro diventasse proprietario dell'intero sistema mediatico. Invece, dice Zambardino, sembra che gli editori di giornali vedano solo l'opportunità a breve termine di uscire dalle secche della mancata remunerazione del loro prodotto sul web, e che tutti gli altri – ad esempio i commentatori liberal – non vedano un bel nulla.

E' noto come l'apertura e l'interoperabilità non siano mai state molto in alto nell'agenda di Steve Jobs. Ma è strano come, a parità di attitudine proprietaria, Bill Gates sia sempre stato sulla graticola dei media e delle corti di giustizia, mentre Jobs non abbia mai perso la sua allure. Finchè Apple ha prodotto hardware di nicchia la cosa poteva anche passare, ma ora?

Zambardino spiega il mistero di quella che chiamerei l'aura di Jobs in modo a mio avviso interessante: si tratterebbe infatti di un fenomeno religioso.

C’è una componente religiosa nel rapporto con la tecnologia: ma della religione di chi attraversa il deserto e aspetta la liberazione. La speranza che questa macchina dia finalmente una risposta al nostro desiderio di un dispositivo della mente, unico e multifunzionale, che ci aiuti ad essere, consumare, godere, esistere da soli col suo supporto. Il nostro desiderio di individui potenziati dalla macchina.

E' noto che chi adora un idolo non lo fa su base razionale, ma sulla spinta di qualcosa di oscuro e profondo, cercando semmai, ex-post, con un procedimento sintetico, di costruire attorno ad esso un'ideologia. La ragione vorrebbe invece che, davanti allo scenario del reale, si attuasse qualche processo analitico, basato su princìpi trasparenti e condivisi ex-ante.

Mi auguro che la società civile e il mercato (confido per lo più nel mondo anglosassone) sappiano ragionare su Jobs e il suo iPad come hanno ragionato su molti altri casi nel recente passato.

  • Salvatore |

    Quoto: “… è come se, ad esempio, in un Paese libero il primo ministro diventasse proprietario dell’intero sistema mediatico”.
    Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale…

  • Ivo Quartiroli |

    Guido, Budda non si può reincarnare!! Ha finito il ciclo delle vite a suo tempo. Con tutto il culo che si è fatto per illuminarsi mica che poi deve tornare a reincarnarsi di nuovo, tantomeno in Jobs 😀
    A parte questa digressione, mi accontenterei che Jobs, che si definisce Buddista e che a suo tempo aveva avuto il permesso dal Dalai Lama per usare la sue immagine nella campagna “Think Different”, si scusasse per aver tolto le applicazioni inerenti al Dalai Lama in Cina e che facesse un bell’outing in questi termini: “Eh sì… lo so che ho usato il Dalai Lama per vendere i miei Mac… ma cosa potete farci… il mercato è il mercato… posso ignorare più di un miliardo di cinesi? Scusate… ma quando mettevo il viso rassicurante del Dalai Lama ero ancora giovane e con degli ideali… ci credevo davvero… ora… mah… ora mi sono fatto aggrovigliare dal mio ego e dalla sete di potere… sono andato vicino alla morte e invece di riflettere sul senso della vita e mettere il mio denaro in una fondazione per la ricerca spirituale e la pace nel mondo (sono certo che il Dalai Lama avrebbe potuto concedermi ancora la sua immagine), ho scelto l’immortalità tramite la notorietà.”

  • Guido |

    Ivo, in effetti Jobs è un personaggio romanzesco, e poi nessuno può negare che abbia intuizioni geniali e faccia prodotti molto belli. E questo complica le cose ..
    Pietro, il problema è se una cosa come l’iPad sia pensata per essere e rimanere niente più che il client di qualche protocollo aperto (IP\HTTP), cioè un sostanzialmente un browser equivalente a quelli disponibili su altre piattaforme. Se è così, no problem.
    Ma supponi che la tavoletta prenda piede nella misura di un monopolio di fatto. Apple controllerebbe entrambi i lati della comunicazione client-server: sia lo store multimediale\applicativo, sia il terminale utente, come avviene con iPod e iPhone, ma in relazione a qualsiasi contenuto editoriale, non solo alla musica pop o a qualche giocarello per cellulari. Se, con questo atout in mano, Jobs si disciplinasse ad usare un protocollo standard e desse accesso ai suoi store anche dalle piattaforme concorrenti, allora sarebbe davvero la reincarnazione di Budda.

  • Pietro Zanarini |

    Guido, l’ecosistema creato da Steve Jobs è certamente chiuso, ma non capisco perchè i “contenuti digitali che verranno veicolati attraverso iPad … libri e giornali, … oggetti che portano notizie, opinioni, verità e menzogne” non possano essere fruiti, come ora, direttamente dal browser web, per cui l’iPhone, l’iPad, etc. sono “solo” IP clients…

  • Ivo Quartiroli |

    Il mondo dell’information technology e’ certamente permeato da aspettative religiose di salvezza, progresso e benessere per tutti, per non parlare delle visioni Pentecostali gia’ immaginate da McLuhan. David Noble ha analizzato con maestria le radici cristiane della tecnologia nel suo libro “La religione della tecnologia”.
    Per quanto riguarda Steve Jobs… diciamo che ha avuto i suoi problemi da piccolo… come ho cercato di analizzare in un mio articolo. E’ abbastanza frequente che l’ego bypassi problemi radicali (della radice della psiche) con una ipertrofia egoica che spesso riesce anche a fare proselitismo (la necessita’ di riconoscimento e’ vitale in questi casi). Assistiamo a questo fenomeno dopotutto anche in politica.

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