La conoscenza al tempo della sua producibilità di massa

Il dibattito sul Sole a proposito del rapporto tra web e conoscenza continua col contributo di Miguel Gotor. L'affermazione centrale dello storico è a mio avviso la seguente:

L'equivoco di fondo non sta nella pretesa da parte di Wikipedia di considerarsi un'enciclopedia, ma di essere giudicata tale dai suoi utenti che accolgono un'erronea e fuorviante sovrapposizione tra informazione e conoscenza. Il primo è un dato, il secondo un processo che implica i concetti di responsabilizzazione autoriale, di validazione delle notizie, di riconoscibilità degli intermediari e di verificabilità del percorso effettuato.

Per un verso, l'affermazione coglie un punto fondamentale: il problema della veridicità del web – se è un problema – non risiede nel fatto che vi sia libertà di dire cose qualunque, ma nella (in)capacità dell'utente di discernere il grano della conoscenza dall'oglio della generica informazione. 

In un sistema in cui interagiscono molti soggetti, la differenza tra un'affermazione di conoscenza e una qualsiasi espressione di opinione sta nel fatto che chi pronuncia una verità deve essere ragionevolmente certo di come stanno le cose. Gotor sembra dire che l'autore (il professore, il giornalista, lo scienziato) è quel soggetto che assumendo su di sé la responsabilità di indagare la realtà secondo i canoni di qualche epistemologia riconosciuta, si costituisce come "autorità del vero" di fronte alla "singolarità qualunque" (e un po' infingarda) che popola il web, il blogger, per intendersi.

L'argumentum ad auctoritatem che Gotor propone vale quanto varrebbe l'agomentum ad populum di qualcuno che affermasse, in favore della wikipedia e contro l'enciclopedia tradizionale, che la verità è ciò a cui aderisce il maggior numero di persone. Cioè poco: si tratta in entrambi i casi di note fallacie logiche. In effetti, né autorità di un soggetto né la popolarità di un'affermazione possono essere portati come criteri di validità di alcunché. E' vero, come dice Gotor, che l'accettazione di una affermazione spetta all'utente, ma questo non implica che tale giudizio debba includere l'autorità costituita della fonte, qualsiasi cosa essa sia, e non attenersi alla sola analisi del contenuto. L'illuminismo sgombrò il campo da questo tipo di concezioni, non si vede come esse possano oggi ritrovare attualità. L'unica auctoritas riconoscibile in rete è quella che le singolarità (blasonate o meno) si guadagnano giorno per giorno con i loro contributi effettivi.

Un'altra critica che si può rivolgere ai laudatores temporis acti del sistema autoriale classico è quello della vanità delle loro lagnanze. Essi sembrano ragionare come se si potesse far appello ad una capacità di governo, come se lo status quo ante internet si potesse in qualche modo ripristinare ex-lege. Perfino i regimi autoritari hanno serie difficoltà a controllare la rete, figuriamoci una democrazia. E' facile prevedere che i tentativi della nostra classe politica per riportare il web, almeno in parte, ad una logica di concessione governativa si risolveranno in poca cosa. Il web andrebbe guardato per quello che è, vale a dire un processo sociale in atto su scala globale, e non come quello a cui il sistema mediatico è abituato, vale a dire un fatto locale sotto il controllo delle autorità nazionali.

Walter-benjamin Se si assume questa prospettiva, allora ha senso iniziare a ragionare sulla conoscenza nell'epoca della sua producibilità di massa con lo stesso spirito con cui negli anni '30 Walter Benjamin ragionò sull'opera d'arte ai tempi della sua riproducibilità tecnica. Cioè contemplando, nelle forme di produzione di conoscenza caratteristiche delle nuove tecnologie, sia gli esiti progressivi, sia quelli regressivi. E impegnandosi con intelligenza in favore dei primi.

    

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