L’intelligenza socratica di Watson

La supersfida nel gioco a quiz Jeopardy tra il sistema Watson di IBM e due campioni umani è in pieno svolgimento. La situazione: dopo due puntate, Watson conduce con ampio margine.

In IBM c'è una comprensibile soddisfazione, ma sono le defaillance del sistema che ora interessano maggiormente i ricercatori. Imperfezioni nella comprensione del quid richiesto, come ad esempio quando ieri, alla domanda su quale fosse la caratteristica fisiologica di un alteta delle olimpiadi, Watson ha risposto 'gamba' quando avrebbe dovuto rispondere 'mancanza di una gamba'. O anche l'aleatoreità della stima di attinenza dei dati quando gli indizi sono indiretti, che hanno portato a preferire 'Toronto' a 'Chicago' come risposta ad una domanda un po' contorta che riguardava i nomi degli aereoporti cittadini in relazione a personaggi ed eventi storici.

E' presto per i bilanci, ma qualcosa si può già dire. Watson ha due straordinari punti di forza: capisce domande formulate in modo naturale e interroga un database di testi. In questo è profondamente diverso da Wolfram Alpha e, a giudicare dai risultati, fa un passo da gigante nella giusta direzione.

Inoltre, il sistema è in possesso di una 'intelligenza socratica', cioè sa di non sapere. Fa qualche gaffe e questo lo rende più simpatico del suo predecessore filmico Hal 9000, che è arrogante e non accetta la propria fallacia. Quando poi si tratterà di applicare l'intelligenza del sistema a casi concreti e utili (come ad esempio le diagnosi mediche) noi umani avremo modo di apprezzare fino in fondo la potente umiltà di questa macchina.

  • Simone Magnani |

    E’ impressionante immaginarsi un computer con una sorta di indiretta consapevolezza dei propri limiti di interpretazione.

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