"Il nostro obiettivo non è quello di cambiare il modello di comunicazione della società, ma quello di comprenderlo per poter adattare la piattaforma al tipo di esperienza che la gente vuole" dice Cameron Marlow, sociologo di Facebook. Comprenderlo come? Naturalmente, osservando il comportamento degli utenti di Facebook. Che tuttavia, a sua volta, si conforma a Facebook: chi, prima dell'epoca della rete sociale, aveva le stesse nozioni di 'amicizia' e di 'piacere' che ha oggi? Con quali modelli di interazione poteva propagare opinioni e informazioni?
Dunque, Facebook genera comportamenti sociali che poi studia per dare agli utenti 'quello che vogliono'. Ma quello che vogliono è già indotto in larga parte dalla piattaforma, sicché la distaccata scientificità degli accademici zukerberghiani rischia di franare in un circolo vizioso.
Un articolo di Technology Review (What Facebook Knows) dice abbastanza chiaramente le cose come stanno: il 'business model' di Facebook, reso ancora più urgente dalla quotazione in borsa, potrebbe essere quello del commercio dell'analisi sociale. Nei database della social network giacciono miliardi di tracce di interazioni da cui si possono evincere cose assai interessanti per gli affari. Ma questo non offre molte garanzie sulla neutralità scientifica di chi sviluppa la piattaforma. Quale sarebbe l'interesse primario dei sociologi di una Facebook quotata in borsa? Assecondare i desideri degli utenti o quelli degli azionisti? Dobbiamo ancora farci queste domande retoriche?
La verità è che non ci rendiamo conto a sufficienza di quanto sia pericoloso contenere tutta la socialità del pianeta in un singolo database. I giovanotti ultramiliardari che oggi detengono questi sistemi possono anche mostrarsi rassicuranti nelle loro felpe da grandi magazzini, ed essere soggettivamente perfino simpatici, il punto non è questo. Il punto è che si sta generando una situazione di disequilibrio i cui esiti sono potenzialmente devastanti, ma pochi sembrano prestarci attenzione.
Dei fiumi di denaro che le pubbliche istituzioni (specialmente europee) riversano nella ricerca tecnologica, una parte dovrebbe essere dedicata a come fornire funzionalità avanzate di networking sociale attraverso piattaforme decentralizzate ed interoperabili. Una cosa così non può essere lasciata ai quattro (di numero) ragazzini di Diaspora.