Più di due miliardi di persone hanno accesso a blog e reti sociali, dove possono postare verbosi articoli o laconici status update ed essere letti, in linea di principio e talvolta di fatto, da un'immensa platea planetaria. Ogni minuto vengono emessi 100.000 Twitt e condivisi poco meno di 700.000 contenuti su Facebook (fonte). Si tratta per lo più di cose irrilevanti, ma se solo l'1% di questa massa informativa quotidianamente emessa dalla blogosfera veicolasse una proposizione (cioè una frase che può essere vera o falsa) degna di essere tenuta seriamente in conto, avremmo più di dieci milioni di affermazioni propugnate o confutate ogni giorno sul Web.
Che si tratti o meno di una stima realistica, non credo ci siano dubbi sul fatto che l'argomentazione sia divenuto un fenomeno di massa. Da cui alcuni interessanti quesiti:
- come argomentano le masse?
- che rapporto c'è tra argomentazione individuale e collettiva?
- che rapporto c'è tra quantità e qualità dell'argomentazione in rete?
- come incidono i nuovi media sulle dinamiche e sugli esiti del dibattito sociale?
C'è materia per un'intero cosrso di studi, altro che per questo modestissimo blog.
Sappiamo che logica e dialettica, cioè le basi della corretta argomentazione, facevano parte del trivium, ed erano competenze fondamentali della "classe dirigente" dall'antichità fino all'età moderna. Poi venne l'empirismo delle scienze fisiche e naturali, e la centralità di quei saperi un po' metafisici (semplifico) ne uscì molto ridimensionata. Oggi, nelle nostre scuole, ciò che resta del trivium è praticamente tutto negli "insiemini" con cui si dilettano i pargoletti delle elementari. Salvo poi il fatto che (apprendo dai figli) può accadere ad un liceale italiano di esser chiamato dal docente a specificare la struttura delle proprie argomentazioni. Come? Così, come gli dettano lo Spirito e l'Intuizione.
Non so come sia la situazione negli altri Paesi, ma in Italia credo che l'incompetenza logico-dialettica si possa vedere ad occhio nudo, toccar con mano, gustare al palato, fiutare nell'aria, udire in sottofondo. Senza insistere sul fatto che la disarticolazione della logica pubblica faccia parte integrante di qualunque programma demagogico-manipolatorio del tipo di quelli che abbiamo anche recentemente esperito, c'è da prendere atto che certi nostri "caratteri nazionali" non sembrano affatto favorire la buona condotta dei dibattiti collettivi.
Scriveva Leopardi che "L'Italia è una terra incapace di costruire una convivenza civile, una sana dialettica; un paese dominato dal cinismo, incapace di rispettare e di esser rispettato; un agglomerato di singoli individui ognuno sprofondato nel proprio orizzonte privato, particolare; e dove l'opinione pubblica, la società civile, stenta a trovare la propria maturità, la propria autonomia". E' il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani del 1824, ma sembra una fotografia della blogosfera italiana.
L'argomentazione di massa, cioè l'aumentata capacità argomentativa della moltitudine, può far progredire le sorti della nazione? Può esaltare la pubblica virtù e mondare i nostri endemici vizi? E' una bella domanda, specie se si considera che, secondo alcune stime, ci prepariamo ad accogliere in Parlamento almeno un centinaio di rappresentanti del popolo "selezionati via Web".
Quanto alle risposte, non ho certo la pretesa di darle qui. Osservo però un paio di cose.
La "saggezza delle moltitudini" che dà ottima prova di sé nel lavoro enciclopedico collettivo, entra in crisi quando intervengono elementi emotivi, idiosincrasie, inclinazioni. Un modello di dialettica molto in voga sui nostri siti è quello dell'invettiva. L'argomentum per eccellenza sembra quello ad personam, noto per essere alquanto fallace. Il numero e il genere delle fallacie argomentative, peraltro, è così nutrito da far quasi invidia alla tassonomia di Linneo. C'è da rabbrividire.
Il deficit di attenzione con cui, per forza di cose, accogliamo le proposizioni che piovono copiose dal Web, ha tutta l'aria di favorire il "pensiero veloce", quello cioè che, spiega Kahneman, ci porta a giudicare secondo modelli prestabiliti, pregiudizi, inclinazioni personali, influenze del contesto, a scapito del ragionamento paziente e del senso critico. Si aggiunga che, secondo alcune fonti, circa il 25% degli angloamericani ammette di mentire o esagerare sul Web, figuriamoci noi levantini. Il rischio di trovarsi sotto un diluvio di balle prese per buone è molto concreto.
Con questo ovviamente non intendo suggerire che si debba tornare all'aristocrazia del pensiero, o che si debba restaurare un senso di autorità intellettuale che ormai è consegnato alla storia. Dico invece che bisogna tornare a studiare logica nelle scuole di ogni ordine e grado. Chiamatela pure neoscolastica e copritemi di insulti personali, ma la mia idea è questa.