Democrazia trasparente

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Chi sopravviverà all'ecatombe della prossima guerra mondiale (2020) potrà governare l'intero pianeta da casa con un semplice click, prevedono alcuni influenti futurologi. Ma anche prima di quel fausto giorno, in alcuni paesi d'avanguardia (tra cui orgogliosamente possiamo annoverarci) si inizia a parlare sul serio di democrazia diretta, attuata attraverso il web.

Democrazia diretta significa che il cittadino si esprime in prima persona sulle singole opzioni politiche. Non nelle forme difficoltose che già prevede la nostra Costituzione (leggi di iniziativa popolare e referendum abrogativi), ma in modo molto più esteso e generalizzato, usando la potente immediatezza delle nuove telecomunicazioni. In tal modo, al limite, i partiti tradizionali della democrazia rappresentativa non avrebbero più ragion d'essere, e l'intera classe politica potrebbe essere liquidata. Idea, questa, così suggestiva che da noi v'è chi pensa che attorno ad essa possa raccogliersi il consenso unanime della popolazione. Un consenso simile (qualcuno fa notare) a quello di cui godettero le dittature novecentesche (prima che "degenerassero"), ma stavolta sospinto da un ideale anarco-illuminista: ciascuno esercita in modo paritetico il governo della società, dissolvendo il potere dell'uomo sull'uomo.

Tutto molto bello a dirsi, ma notoriamente assai difficile a farsi. Chi ci ha guardato dentro un po' seriamente, ha visto subito che è praticamente impossibile realizzare processi deliberativi di massa che siano al contempo inclusivi, accurati ed equi. Per dirla in modo semplice: o si dovrebbe impegnare l'intera popolazione in impervie quanto interminabili discussioni e in faraoniche quanto improbabili acculturazioni su tutto lo scibile umano, oppure si dovrebbe accettare che le decisioni cruciali per la società nel suo intero vengano prese tirando volta per volta il dado delle ubbìe che si agitano in un certo campione di individui. E questa la chiamereste 'democrazia'?

Ma poi, anche se la democrazia diretta fosse realizzabile, siamo sicuri che vorremmo tutti impegnarci a discutere di cose come le disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento CEE sui metodi di identificazione degli equidi? Su tante materie di governo non sarebbe preferibile una sana, robusta e razionale ignoranza? Non è meglio pagare (il giusto) qualcuno che se ne occupi, come si fa, che so, con l'amministrazione di un condominio? E allora, se vogliamo concentrare gli interventi di democrazia diretta sulle questioni più interessanti, non si potrebbero usare, più e meglio, gli strumenti attuali? Che bisogno c'è di vagheggiare la palingenesi dell'intero sistema democratico?

Nessuno può negare o ignorare la degenerazione del nostro ceto politico in un qualcosa che è stato definito "casta", ma che sarebbe forse più giusto chiamare "mafia". Il fatto che l'economia pubblica (e larga parte di quella privata) sia divenuta consustanziale al ceto politico non è un problema solo etico: è la tomba di qualsiasi aspirazione ad una società democratica liberale basata sui diritti e sul merito. Detto questo, coltivare il sogno di una forma di democrazia 'altra' che in virtù della sua forma possa cambiare l'antropologia politica, ma che è in effetti irrealizzabile, serve solo a perpetuare il problema. Questo infatti non è formale, come se avesse fallito il principio stesso della rappresentazione, ma è storico: ha fallito la nostra rappresentazione attuale.

Nessuno poi si illuda che il web possa portare, nell'equilibrio tra democrazia diretta e rappresentativa, novità rilevanti. Il web è un radicale cambiamento dei flussi informativi, ma questo non ha un immediato risvolto sui processi decisionali. Prendere informazione sui film in programmazione e decidere quale film andare a vedere sono due cose profondamente diverse perfino quando si è da soli, figuriamoci in una famiglia. Il web, come strumento deliberativo di massa, non è neanche agli albori, e come se non bastasse sul nostro Paese grava un digital divide da terzo mondo. La democrazia diretta via web quindi ha tutta l'aria di essere una non soluzione ad un problema mal posto.

Ci sono invece tante cose utili che il web può fare per una democrazia rappresentativa decorosa ed efficace. E queste cose hanno a che vedere con la vera forza del web, che è appunto la circolazione dell'informazione e della conoscenza. Parlo ad esempio della trasparenza.

A chi è riconducibile la proprietà delle aziende che vincono gli appalti pubblici e che relazione c'è tra questa e gli amministratori politici? Perché una certa opera è stata affidata ad una certa azienda, sulla base di quale offerta, in alternativa a cosa? Se si potesse rispondere socialmente a domande del genere, la mappa del potere sporco sarebbe sotto gli occhi di tutti, senza dover attendere qualche (raro) giornalista d'assalto. La verifica collettiva dell'operato del ceto politico diverrebbe una pratica quotidiana, non lo spettacolo horror-gossip della domenica sera.

Per una democrazia più trasparente non servono palingenesi e utopie, bastano i dati aperti.

 

  • Sergio |

    Il problema che lei pone prendendolo un poco alla lontana è quello del controllo democratico che nelle quasi totatilità delle democrazie occidentali non esiste. In pratica, una volta che l’elettore ha eletto un suo rappresentante questo può a sua scelta rappresentarlo oppure rappresentare i suoi interessi e quelli dei suoi sodali. Esempi illuminanti sono stati a suo tempo la votazione dell’indulto dove circa l’80% del parlamento ha votato contro circa l’80% degli elettori e quello del finanziamento pubblico dopo il referendum.
    La democrazia rappresentativa senza controllo democratico tende per sua natura a trasformarsi in oligarchia pseudolettorale, o casta, o mafia come preferisce.
    Studiare qualche forma di controllo democratico è essenziale per la tenuta stessa della democrazia.
    Sono d’accordo con lei che la trasparenza può essere utile perché l’elettore si renda conto della natura degli eletti ma ciò non basta perché gli è impedito per diversi anni di esprimersi e quindi gli eletti possono fare, e lo fanno, come vogliono senza preoccuparsi per niente degli interessi della collettività.
    Credo che sarebbe utile ma, sinceramente non saprei indicare in che forma, la possibilità di revoca del mandato o più semplicemente l’estensione della possibilità di referendum, abrogativo e propositivo senza quorum.
    Si deve quindi aumentare, oltre la trasparenza e l’informazione corretta, la dose di democrazia diretta che si possa attuare nella pratica.

  • guido |

    Luca, non credo che il fallimento della nostra democrazia parlamentare sia imputabile al principio di rappresentanza, né credo che il web possa risolvere tecnicamente le difficoltà della deliberazione sociale, che derivano da problemi profondi, già noti dai tempi di Condorcet. Detto questo, naturalmente c’è molto spazio per un migliore uso del web come piattaforma di discussione. Magari ne parlerò in un prossimo post.

  • Luca |

    Enrico, non parlavo di Grillo, che in effetti non pratica la democrazia diretta se non a parole. Parlavo del tema del post. A me sembra indiscutibile che la rete abbia aperto una possibilità tecnica di democrazia diretta su vasta scala, precedentemente inimmaginabile. La democrazia rappresentativa si giustifica storicamente soprattutto per ragioni *tecniche*: perché fino a ieri era impensabile far discutere su un problema milioni di persone. Al contrario, ogni teorizzazione *politica* della necessità di un’élite di decisori mi pare intrinsecamente macchiata di pregiudizi classisti e antidemocratici. Naturalmente con ciò non intendo che domani si deve chiudere il Parlamento e cominciare a decidere per sondaggio: si tratta di una transizione di lungo periodo che richiederà forse due o tre generazioni. Né penso che la tecnologia sia l’unica condizione: serve anche una coalizione di interessi sociali che se ne appropri. Ma questo non può implicare prendere sotto gamba il problema, magari solo perché è stato Grillo a proporlo. Nella misura in cui lo assumeremo come un’opportunità per uscire “a sinistra” dalla crisi della democrazia parlamentare, questa nostra scelta contribuirà a farlo divenire effettivamente tale. Se invece lo guarderemo con sospetto, sarà più facile che se ne impadroniscano altri, con altri scopi.

  • Enrico Franconi |

    Luca, mi pare che quello che dici (o sogni) ha la stessa importanza fattale di un libro di Jules Verne quando è stato scritto: cose non irragionevoli, ma assai difficili da realizzare nei dettagli. Il problema non è realizzare questi processi al computer, ma immaginarli corretti nella loro complessità e poi calati nel mondo reale. Aspettiamo qualche decennio di discussioni filosofiche e politiche e poi forse potremmo iniziare a delineare qualche esperimento.
    Ricordo che finora Grillo NON ha implementato alcuna forma neanche lontana di democrazia diretta.

  • Luca |

    A dire il vero, penso che una democrazia diretta o fortemente partecipata sia ormai tecnicamente fattibile. Se oggi non è all’ordine del giorno, è solo perché nessuno ha ancora fatto un software di autogoverno sufficientemente complesso per risolvere problemi come quelli che tu giustamente poni. Ma la tecnologia non pone veramente limiti in tal senso. Servirebbe forse un incoraggiamento pubblico iniziale. L’ideale sarebbe che lo facesse l’UE: sarebbe un bel modo per far fronte alla sua proverbiale carenza di democrazia. Non serve pensare la cosa in termini caricaturali o plebiscitari. Non è necessario, ad esempio, che tutti si occupino sempre di tutto. Le persone potrebbero scegliere questioni che conoscono e che le interessano, e delegare ad altri le questioni che ritengono più lontane, in maniera libera e flessibile (è questo, tra l’altro, il principio di Liquid Feedback). Si potrebbero anche “pesare” i voti in base a criteri di reputazione. O strutturare le questioni in termini di sequenze di scelte binarie per renderle più accessibili a tutti. O ancora definire chiaramente i corpora delle informazioni necessarie per decidere, renderli accessibili e vincolare il diritto di voto all’accesso. Insomma, le soluzioni si trovano, se le si vogliono cercare. E penso che il momento in cui cominceremo a vedere applicazioni di questo tipo non è poi così lontano.

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