Attratto da uno strano sostantivo con cui esordisce – catoblepismo – che, in un lessico ignoto ai dizionari, si riferisce al rapporto perverso tra politica e Stato instauratosi in Italia, ho letto il pamphlet del ministro Barca dal titolo: "Un partito nuovo per un buon governo". Per i curiosi: il sostantivo si forma da "catoblepa", animale mitologico che tiene sempre la testa rivolta verso il basso.
In estrema sintesi, ciò che si prospetta nelle cinquanta pagine dello scritto è la necessità di una nuova forma di organizzazione politica, che realizzi lo "sperimentalismo democratico". Una democrazia, cioè, "fondata su partecipazione attiva dei cittadini, verificabilità, monitoraggio e valutazione in itinere, presidio dei risultati e forte utilizzo della Rete per dare semplicità, apertura e tempestività a queste funzioni". La Rete, si legge più avanti, "offre una piattaforma per lo sperimentalismo, perché incentiva i cittadini a dare il proprio contributo: lo fa riducendone il costo, assicurandone la non manipolazione e offrendo la possibilità di verificare l’utilità del proprio contributo attraverso il numero di connessioni".
Ma, continua Barca, "la Rete non può in alcun modo assicurare l’approfondita disamina dei problemi, la fase necessariamente lenta, problematica, riflessiva della discussione, il confronto acceso e ragionevole che sono richiesti dalla complessità dei problemi stessi e dalla necessità di “inventare” soluzioni per l’azione pubblica che ancora non esistono". Per queste cose, insomma, ci vogliono i partiti in carne ed ossa.
La Rete va bene, pare di capire, ma come strumento di una "mobilitazione cognitiva" incarnata, non come sistema che, solo in forza delle proprie dinamiche, sarebbe in grado di realizzare forme più avanzate di democrazia. Certamente questo è un gran passo avanti rispetto alla visione della Rete come TV a basso costo, tipica di certi partiti tradizionali, e messa in crisi dalle recenti novità elettorali. Siamo però sempre di fronte a qualcuno che dice ciò che la Rete dovrebbe essere o non dovrebbe diventare, con scarsa comprensione di quello che la Rete è.
La proposizione "la Rete non può sostituire i Partiti" non è falsa, ma è ontologicamente sospetta. E' come se Leone X avesse detto a Lutero: "la Tipografia non può sostituire la Chiesa". La chiave per interpretare una frase del genere potrebbe essere: poiché la tipografia rende possibile la stampa a basso costo, il che rende possibile a ciascuno procurarsi una copia della Bibbia, il che rende possibile leggerla senza la mediazione del clero, il che rende possibile ridefinire il ruolo della Chiesa, io (il Papa), dico che queste possibilità non si realizzeranno. Ma con le metonimie (il riferirsi a cose attraverso altre cose variamente collegate) non ci si può spingere più di tanto, altrimenti si genera il sospetto che non sappia in realtà di cosa si parla.
Peraltro, Lutero non invitò mai nessuno a disertare le chiese: al contrario. Infatti, non v'è alcuna contraddizione tra leggere la Bibbia ed andare a messa. Così come non c'è contrapposizione tra stare in Rete e fare un partito: sono cose che si situano in regioni diverse dell'Esistente. E se si vedono contraddizioni o conflitti, questi non si trovano nelle cose, ma nelle costruzioni di pensiero che vi si fanno attorno.
Se Barca intende dire che la Rete non è sufficiente a produrre lo "sperimentalismo democratico" di cui parla, dice un'ovvietà. Di per sé, la Rete non è neanche sufficiente a fare la prenotazione di un biglietto ferroviario: per questo ci vuole tutta un'organizzazione sociale. Le uniche cose che la Rete assicura sono quelle del protocollo HTTP.
In genere, non si dicono ovvietà a caso. Evidentemente la critica è rivolta ad un certo determinismo che vede i fenomeni sociali emergere dalle infrastrutture, così come, nel 700, si vedevano gli uccelli marini nascere dai relitti delle navi, per germinazione spontanea. La critica è giusta, beninteso, ma è pletorica: alla germinazione spontanea della democrazia dalla Rete non ci crede davvero nessuno.
Nel dire una cosa ovvia, e dunque non informativa, Barca però adduce una motivazione che è positivamente sbagliata: "la Rete non può in alcun modo assicurare l’approfondita disamina dei problemi". Ecco: posto che non c'è nulla che assicuri la disamina di alcun problema (e se c'è, fatecelo sapere), la Rete è invece proprio quella cosa che, se usata bene e con le giuste intenzioni, può sostenere la discussione costruttiva e il pensiero critico.
Non perdiamo di vista l'orizzonte per guardare al suolo di certe contingenze storiche locali, altrimenti davvero facciamo come il mitico Catoblepa che ci fa tanto orrore.