Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul senso ma non avete mai osato chiedere

Cosa c’è da sapere sul senso che non osiamo chiedere?  Non mi riferisco a barbose definizioni e oscure teorie,  né ad aride nozioni scolastiche, ma a semplici e quotidiane domande, questioni di filosofia spicciola, che hanno, per dirla con Wittgenstein, la forma: "non mi ci raccapezzo", e spesso sono così banali che non si osa neppure rivolgerle.

Per iniziare: qual è il ‘senso’ di senso linguistico? Presto detto: è quello fondamentale di

contenuto semantico o concettuale, significato: il s. di una parola, di una frase, s. proprio, figurato (Tullio De Mauro, Dizionario Paravia)

e quindi non i cinque sensi o il piacere dei sensi che per molti è il senso della vita.

Ma lo stesso dizionario illustra bene il motivo per cui così spesso non ci raccapezziamo sul senso delle parole.  Ho riportato l’accezione numero 6a del lemma ‘senso’ nel dizionario Paravia che si basa sui sensi delle parole ‘contenuto’, ‘semantico’, ‘concettuale’ e ‘significato’. Se continuassi ad esplorare il senso di ‘senso’ nel dizionario e andassi a vedere ‘significato’, troverei l’accezione tecnico-specialistica:

semiol., insieme, classe dei sensi attribuibili a un segno (De Mauro, come sopra)

e dunque verrei rimandato a ‘senso’. Un ‘loop infinito’ da cui non c’è modo di uscire.

Il problema è che usiamo il linguaggio per descrivere il linguaggio. Insomma il dizionario descrive ‘senso’ attraverso alcuni ‘sensi’, come quel pittore in un romanzo di Baricco che dipingeva il mare con l’acqua di mare, col risultato che la tela rimaneva bianca. Il dizionario, purtroppo, non offre di meglio.

Un linguaggio che parla di linguaggio è, per i logici, una situazione da incubo. Se ne accorse Russell quando considerò l’aggettivo ‘eterologico’:

di espressione linguistica, che non possiede la proprietà che esprime (De Mauro, come sopra)

che è il contrario di ‘autologico’:

di un’espressione linguistica, che possiede la proprietà che esprime (per es. espressione di ventinove lettere) (De Mauro, come sopra)

e poi si chiese: ‘eterologico’ è un’espressione autologica o eterologica? Se fosse autologica, allora avrebbe la proprietà che descrive, e cioè l’eterologia, ma se avesse questa, allora, per definizione, non avrebbe la proprietà che esprime, e dunque non sarebbe autologica. Se fosse eterologica, d’altronde, allora non avrebbe la proprietà che esprime, cioè l’eterologia, e dunque negherebbe la sua stessa definizione.

Everything_about_sex_4 Per raccapezzarcisi, Russell disse che bisognava ‘sistemare’ il linguaggio, stabilire che aggettivi come ‘autologico’ e ‘eterologico’ non sono dello stesso tipo di aggettivi come  ‘bello’ e ‘brutto’, e dunque andavano espulsi dal linguaggio ordinario, confinati nel recinto del ‘metalinguaggio’ e usati con tutte le cautele. La domanda "eterologico è eterologico?" per Russell, semplicemente, non si può fare.

C’è da dire che Russell avanzò la sua draconiana proposta riferendosi al linguaggio logico-matematico.  Il linguaggio di tutti i giorni, invece, è libero, come la rete, e nessuno può espellere un aggettivo, interdire una frase, così come nessuno, di fatto, può oscurare una pagina del web. Sicché il linguaggio è pieno di grattacapi logici, così come la rete è piena di grattacapi politici. E c’è pure chi usa questi grattacapi a bella posta, nel linguaggio e nella rete.

Non c’è un metodo generale per risolvere i grattacapi del linguaggio. Vanno presi in considerazione uno ad uno, estensivamente, ne va fatta un’enciclopedia. Ci sono tante cose che vorremmo sapere sul senso, e non osiamo chiedere.

  • Antonio Lieto |

    Bellissimo post e molto interessanti anche i commenti (eccetto questo ovviamente).

  • Guido |

    I duri e puri negano che ci sia altro che l’esser-ci (sulla Tiburtina, per esempio). Si vede che tu sei un moderato .. 🙂 Ciao, grazie per il bel commento, e.. come sta il pupo?

  • xDxD |

    Era bellissimo Hofstadter quando zompettava allegramente da un linguaggio all’altro per mostrare questa specie di principio di indeterminazione di Heisenberg.
    Che poi il parallelo tra Heisenberg ed altre scienze è assai interessante. Goedel e Shannon sono due begli esempi che fanno sempre rigirar la testa alle persone.
    Gli affermi che il linguaggio formale è incompleto, e strabuzzano gli occhi pensando al “A e non A”, che gli sembra esser troppo semplice, per esser così problematico.
    Ma quando gli fai notare quel “<" invece che, almeno, "<=" sul teorema di Shannon, tornano a casa di corsa e prendono a martellate il PC, strillando "E io che pensavo che almeno TU fossi affidabile!"
    Ma, in realtà, 'ste frasi che scrivo non esistono, e non esiste, tantomeno, il computer con cui le sto scrivendo, che le sue particelle saran felici a scorrazzare da qualche parte in giro verso Alpha Centauri. Mica come me, che perdo tempo sulla Tiburtina.
    Che poi, la Tiburtina, esiste? E se esiste: che cos'è? Autologica? Eterologica?
    Se la penso come Onomatopeica mi vengono in mente solo rumoracci scortesi.
    E', sicuramente, Heisenberghiana, che tu, quando la percorri, non sei nè certo di dove sei (grazie alla "bella" architettura della periferia) nè di quanto stai andando veloce (che il traffico intenso e a strappi ti immerge in una psichedelia automobilistica in cui comanda solo la musica che esce dallo stereo della macchina, immergendoti in un limbo così completo che, fuori, potrebbero star esplodendo le bombe di Baghdad, e tu non noteresti molto la differenza).
    Il senso, quindi, ha almeno due livelli, anche se parli "solo" di parole: quello che si riesce a discernere analizzandolo profondamente, testi alla mano; e quello che si riesce a discernere mentre stai in macchina immerso in mezzo al traffico, quando tutta una serie di prospettive e punti di vista diventano immediatamente superflui e ininteressanti.
    Il che è molto zen.
    ciao!

  • Guido |

    Hola, Andrea! In effetti ‘eterologico’ è la versione linguistica del paradosso di Russell, che com’è noto era ‘l’insieme degli insiemi che non contengono sé stesso come elemento’. Russell non voleva bonificare il linguaggio naturale, beneinteso, ma ‘metterlo in forma logica’ questo sì, come d’altronde tanti ‘filosofi analitici’. Per Wittgenstein invece ‘il linguaggio è in ordine così com’è’, e su questo punto mostrò, a mio avviso, la sua superiore statura di filosofo.
    Belli gli autologici che hai trovato. Su ‘onomatopeico’ ci sarebbe da fare una sottile riflessione, magari davanti a una bottiglia di whisky…

  • Andrea |

    Bellissimo “post”, che riprende (credo) le nostre riflessioni sugli aggettivi autologici fiorite sulle colline forlivesi (e subito dopo annegate in abbondanti frutti di mare della riviera romagnola). Tra gli aggettivi autologici mi permetto di citare ancora “pentasillabo” e “sdrucciolo”; sono autologici “italiano”, “english”, “francaise” etc. “Impreciso” e’ autologico o meno a seconda del contesto. “Onomatopeico” non e’ chiaro, ma potrebbe essere autologico se si assumesse che esso mima il suono di se stesso.
    Non conoscevo la posizione di Russel, ma la trovo non solo estrema, ma errata. A volte un formalismo e’ talmente espressivo da poter parlare di asserzioni fatte nel formalismo medesimo, cosi’ come la macchina di Turing e’ in grado di simulare un’altra macchina di Turing, conoscendone la descrizione (da cui l’indecidibilita’ della fermata, che e’ una sorta di paradosso del mentitore in versione informatica). I linguaggi che parlano di se stessi vanno presi come sono, con i loro paradossi – d’altra parte Godel scopri’ che qualunque sistema formale deve ammettere delle proposizioni vere ma che non possono essere provate, e per questo nessun matematico si dette all’ippica (detto senza offesa nei confronti di fantini, cavalli, cavallari etc.).
    Concludo con un mio vecchio paradosso medico, generato appunto da malattie che sono definite attraverso il concetto di malattia. Posto che l’ipocondria e’ una malattia che consiste nel credere di avere una malattia che non si ha. puo’ un paziente essere ipocondriaco perche’ crede di avere l’ipocondria, e solo quella? Un saluto a tutti.

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