Tu chiamale se vuoi emozioni

Francesco Morace prevede la fine dell’Intelligenza Artificiale:

Abbiamo ormai compreso che le emozioni influiscono sulle nostre decisioni molto più di quanto non faccia il nostro pensiero razionale. […] Ed è per questo che da anni ormai prevediamo il fallimento di tutti gli studi sull’intelligenza artificiale

Come (indegno) membro dell’omonima associazione italiana (AI*IA) mi corre l’obbligo di insorgere.

Anzitutto, si sappia che la dicitura viene dall’inglese Artificial Intelligence, sennonché ‘intelligence’ e ‘intelligenza’ sono notoriamente falsi amici: in inglese intelligence significa per lo più ‘investigazione’. Lo scopo dell’AI non è infatti quello di riprodurre l’intelligenza naturale umana (che, detto per inciso, se applicato ad alcuni indvidui potrebbe portare a risultati assai scarsi) ma quello di eseguire automaticamente i ragionamenti che ci tocca fare per portare a termine alcuni compiti. Per alcuni di questi, come i giochi di scacchiera, le macchine ci hanno superati da un pezzo.

Le emozioni, dunque, lasciamole ai cantautori. Noi rozzi cibernetici ci accontentiamo delle risoluzioni. E ve ne faremo vedere delle belle!

  • Andrea |

    Da modesto operaio dell’Intelligenza Artificiale (quella delle risoluzioni), appoggio pienamente l’opinione di Guido. Però è anche vero che molti miei colleghi fanno delle sparate da fantascienza, prevedendo mirabolanti scenari in cui le macchine faranno tutto ciò che può fare un essere umano. Ovvio poi che il non-esperto sia perplesso di fronte a questa megalomania. A parte la fattibilità, non vedo peraltro il motivo per cui una macchina debba provare emozioni e rimpiazzare il gatto, l’amico, o l’amante (“tu chiamale, se vuoi, erezioni”).

  • Onironauta |

    Mi chiedo se Francesco Morace abbia mai sentito parlare di Affective Computing.
    L’inclusione delle emozioni nel framework decisionale “è” una delle nuove frontiere dell’AI, non un limite imposto a priori.
    Mah…

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