Tutto il social network in un solo sistema?

I provider telefonici italiani che recentemente hanno variato le condizioni del contratto senza informare correttamente gli utenti sono stati multati. Facebook invece decide un bel giorno di impossessarsi dei nostri contenuti, e nessuno può farci nulla. Su Facebook prolificano indisturbati gruppi neofascisti che fanno, stando alle nostre leggi, chiara apologia, mentre viene chiuso il gruppo del PdCI, partitello legale e del tutto innocuo. E, ancora, ci troviamo inermi.

Cosa c'è dietro tutta questa impotenza? Un fatto semplicissimo: Facebook è un sistema singolo, chiuso, gestito da un proprietario, come d'altra parte Second Life, MySpace, Flickr, e tutti i sistemi di networking sociale. Al contrario del web, dove chiunque abbia un sever da mille dollari può ospitare un sito e interoperare alla pari con tutti gli altri, questi sistemi sono universi chiusi in sé stessi, monarchici, autarchici. Uno qualunque di questi sistemi che avesse la ventura di divenire un'infrastruttura vitale per le relazioni sociali, diventerebbe proprietario in tutto e per tutto della stessa socialità. Sarebbe un incubo, e Facebook è in condizione di avverarlo.

L'interoperabilità dei sistemi di social networking e realtà virtuale è uno dei prossimi grandi obiettivi che la comunità della rete deve perseguire, se vuole restare una comunità.

  • Luca Nobile |

    Guido, scusami: il sarcasmo era solo su D’Alia, non certo sul tuo post. Il mio voleva essere un’invito all’equilibrio, tenuto conto che l’emergenza sicurezza è spesso un’operazione mediatico-emozionale per far passare politiche repressive (come è dimostrato ampiamente da vari studi tra cui questo su LaVoce.info – http://www.lavoce.info/articoli/-informazione/pagina1000952.html).
    Poi a conti fatti mi pare che l’apologia della mafia o del fascismo storico su qualche sito internet (accessibile solo al 17% più colto della popolazione) sia veramente poca cosa rispetto per esempio alla definizione di Mangano come eroe, fatta dal Premier in persona in TV (accessibile al 95% della popolazione), o alla riedizione governativa di pratiche fascistiche, come la delazione dei clandestini o le ronde.
    Le prime due mi sembrano false emergenze, rispetto alle seconde. Ed oscurare la rete per impedire che qualcuno dica “viva il duce”, paradossalmente, rischia di far “vivere il duce” nel nostro presente, molto più di quanto non faccia una semplice frase.

  • Paolo Scoppa |

    Io credo che a risolvere il tutto potrebbe essere semplicemente la rete. Nel senso che i nostri politicanti sono abituati a risolvere i problemi censurando e proibendo ma non hanno ancora capito che in rete questo non è possibile (a meno di interventi drastici e dichiaratamente non democratici come quelli attuati in Cina).
    Nel momento stesso in cui facebook danneggiasse una parte consistente dei suoi utenti, quel momento sarebbe la morte stessa del network, fermo restando la necessità e l’auspicio di un sistema di network basato su piattaforme open source.
    L’infinita possibilità che la rete fornisce in termini di opzioni di scelta rende molto facile sia la crescita spropositata ed improvvisa sia la successiva eventuale caduta ed uscita di scena a vantaggio del nuovo venuto (vedi second life)… esattamente ciò che non accade nel nostro parlamento!

  • Guido |

    Luca, mi sembra di scorgere del sarcasmo nel tuo commento. Non sono certo a favore dell’approccio D’Alia, soprattutto perché butta la croce addosso agli innocenti provider locali. D’altra parte il problema c’è e le prospettive di una governance sovranazionale sono piuttosto remote. Che fare? (come disse quel tale)

  • Luca Nobile |

    Condivido a pieno la preoccupazione. Tuttavia mi guarderei dall’enfatizzarla troppo, ora che Giampiero D’Alia ha fatto passare in Senato il suo 733-50bis, per permettere al Governo di oscurare, senza autorizzazione del giudice, i siti che non accettano di rimuovere contenuti accusati di apologia di reato o di incitazione alla disobbedienza (anche imputabili ad un utente anonimo occasionale). D’Alia giustifica la sua proposta invocando appunto i gruppi di Facebook che inneggiano alla mafia, ma poi purtroppo non limita il provvedimento ai soli reati cosi’ gravi. Inoltre sorprende questa sua sollectudine contro l’apologia della mafia su Facebook, di fronte alla sua benevolenza verso qualla che si consuma in real life. D’Alia è infatti compagno di scranno e di partito di Toto’ Cuffaro, che proprio grazie alla cooptazione dei suoi amici UDC, non sta scontando la condanna a 5 anni per favoreggiamento di mafiosi comminatagli circa un anno fa, e festeggiata notoriamente a cannoli perché ritenuta fin troppo clemente persino dall’interessato. (In un romanzo di fantapolitica, i senatori mafiosi Delia e Caffuro aprirebbero apposta dei Gruppi su Facebook inneggianti alla mafia, allo scopo di imbavagliare uno dei pochi media liberi – la rete – che in Italia parla ancora delle loro processi penali).

  • Alessandro O. |

    Questo post si collega direttamente al video linkato qualche giorno fa, in cui si profetizzava un unico grande merge dei social networks, veicolato dall’alto.
    Diciamo che sono due appunto le prospettive che si fronteggiano: la via democratica (interoperabilità) e la via non democratica (oligarchica o tirannica) dell’accentramento sotto un unico Grande Fratello Sociale.
    Forse questa diventerà (se già non lo è), la battaglia politica del futuro. Perchè è innegabile che il terreno dell’esperibile umano è oggi dilatato grazie alla Rete, così come l’autocoscienza e la vita sociale.
    Fin dalle origini (W. Gibson, B. Sterling), il ciberspazio è sempre stato immaginato come terreno di scontro tra il Monopolio delle Multinazionali e gli anarchici della Rete. La terza via, in questo senso, è proprio quella della interoperabilità.

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