Gran Premio dell’Ontologia

Box_ferrarai_alto_02 Ho sempre pensato che per vincere un Gran Premio di Formula 1 servisse una buona macchina, un buon pilota, un team di ingegneri, tanti soldi. Invece no, serve un ontologo. Me lo ha spiegato l'Amministratore Delegato di un'azienda leader nelle macchine da corsa.

A Melbourne, e ancora oggi in Malesia, le macchine con i 'diffusori' battono quelle che ne sono prive, benché quest'ultime appartengano a squadre che sulla carta sono molto più forti. Cosa sono i 'diffusori'? Sono dei buchi sotto l'alettone posteriore che creano un effetto di deportanza aereodinamica e dunque tengono la macchina più aderente al suolo.

Il regolamento della FIA proibisce che vi siano buchi in quella parte della carrozzeria. Ma allora perché alcune macchine li hanno, le altre squadre protestano, e la FIA non sa che fare? Sempice: perché non si sa esattamente cosa sia un 'buco'.

Sull'affascinante argomento avevano scritto due ontologi famosi, Roberto Casati e Achille Varzi:  Buchi ed altre superficialità, Garzanti 2002. Ben strani oggetti sono i buchi: ci sono nei discorsi, ci sono nelle cose, hanno un ruolo nel corso degli eventi, come appunto le corse di automobili, ma sono fatti di nulla, di assenza, sono parassiti immateriali nel corpo coeso dell'Ente.

Ora: le squadre di F1 che adottano i diffusori sostengono che un buco non è tale se la luce non lo attraversa, e hanno dimostrato che attraverso i loro non passa neanche un fotone. E già: ma l'aria ci passa, ed è questo, presumibilmente, il motivo per cui la FIA li ha proibiti. Ma la FIA ha lasciato la nozione di buco nel vago, abbandonandola in ostaggio alla semantica. Le vie della semantica sono infinite, e se c'è un'interpretazione vincente della parola 'buco', un team di F1 prima o poi la scoprirà.

Invito alla FIA: assumete un ontologo e fategli formalizzare il lessico del regolamento. Se ci riuscirà, avrà fatto un lavoro che passerà alla storia, e non solo quella della F1.