L’emozione romantica del tecno-positivista

Friederich_viandante Il Mondo è la totalità dei fatti, diceva Wittgensten. Nascite, morti, matrimoni, divorzi, battaglie, trattati di pace, ma anche l'altezza del monte più alto, la profondità del mare più profondo, e tante altre cose che nessuno vorrà o potrà mai sapere, per motivi pratici (ad es. il numero delle foglie degli alberi nella foresta amazzonica) o semantici (ad es. l'altezza del monte più basso).

In un tempo finito e uno spazio finito, il numero dei fatti è finito. Ma questa finitezza è come quella della Biblioteca di Babele, che contiene l'integrale combinatorio dei caratteri alfabetici allineati in testi della dimensione di un libro, dove senz'altro ce n'è uno che racconta di come oggi io stia scrivendo questo post, e del perché io lo stia facendo (vorrei saperlo anch'io). Una finitezza inservibile, purtroppo: i lettori potranno vagare nella Biblioteca per una vita intera senza trovare nulla di interessante da leggere.

L'integrale dei fatti del Mondo ci è precluso, e con questo ci è preclusa la possibilità di far scienza coi soli fatti, come volevano i positivisti. Ci vogliono ipotesi, costruzioni teoriche, ammonì Popper, e queste costruzioni reggono non per via dell'adeguatezza ai fatti (a quanti fatti?), ma per i criteri di verificabilità con cui le valutiamo, cioè per via di ipotesi di livello più alto.

Ma oggi le reti informatiche ci danno uno strumento che l'Umanità non ha mai avuto. Non solo tutto ciò che dei fatti emerge attraverso il linguaggio (in senso lato) giace in un'immensa base di informazione globale, ma un numero sempre crescente di strumenti informatici riversano ogni giorno, in questa base, petabyte di "piccoli fatti veri". Chris Anderson dice che questa base di informazione è destinata a cambiare la scienza: se tutti i fatti sono lì a portata di mano, la teoria non serve più, né servono metafisica e ontologia. Dopo il positivismo naturalistico ottocentesco, quello logico novecentesco, il nuovo secolo inizia dunque sotto gli auspici del positivismo tecnologico?

In ogni caso, il positivismo tecnologico, come i suoi predecessori, non è destinato a reggere. Ma è interessante notare come ogni edizione di questo tipo di pensiero generi emozione ed entusiasmo. Nicola Abbagnano chiamava il positivismo "romanticismo della scienza": come l'idealismo, il positivismo è aspirazione all'assoluto, un assoluto così assoluto da non aver neanche bisogno di uno straccio di metafisica. Oggi il romantico tecno-positivista è in estasi per Wolfram Alpha, il "computational knowledge engine" che promette di rendere "all systematic knowledge immediately computable by anyone". Lo Sturm und Drang tecnologico freme per le imprese del Genio di Mathematica, ma ancora una volta, con ogni probabilità, va incontro al disincanto.

  • Mauro S. |

    Scusa Gabriele ma non sono d’accordo con te.. WA o progetti simili funzioneranno quando saranno in grado di capire a che contesto è riferito un certo contenuto. Ed in quel caso sarà automatico che quello che non è necessario leggere o mantenere verrà scartato. Però non è propriamente semplice decidere cosa è utile e cosa non lo è. E’ a volte impossibile per un essere umano e la duttilità di ragionamento di una macchina non arriva ancora (per ora) ai nostri livelli.
    Per quanto concerne la violazione di privacy di Google, beh questo è un tema un po’ differente nel quale non è possibile o non è facile tracciare la linea tra il giusto e l’ingiusto. Secondo me ingiusto è che abilitino di default la cronologia web. Giusto è che utilizzino le informazioni con le quali cerchiamo per migliorare il loro servizio (ed i loro introiti). Non dimentichiamoci che per utilizzare Google ed i suoi innumerevoli servizi non paghiamo una lira (un euro!!), lo scotto è che loro si fanno i fatti nostri per riempirci lo schermo di pubblicità. E’ un patto chiaro ed anche piuttosto logico, che è esplicitato in più punti nella loro policy. Mantenere un giocattolo come Google costa.. e nessuno lavora per la gloria. Nessuno.
    Se non vuoi fargli fare i fatti tuoi quando cerchi in internet usa Wikia è un progetto free, open source, mantenuto dagli utenti (gestito e concepito dallo stesso autore di Wikipedia). Puoi contribuire tu stesso a renderlo più completo e non dovrai avere paura di subire violazione della privacy o stupri pubblicitari. Con questo pro, ma con altri contro.

  • Gabriele |

    Credo che il problema non sia relativo a WA di per sè, ma alla eterogeneità delle informazioni presenti sul web. Qui non stiamo parlando di una biblioteca, organizzata in scaffali ordinati. La conoscenza su Internet può essere rappresentata come segue:
    1- Prendi tutti i libri di tutte le biblioteche e buttali per terra. Tutte le lingue religioni e paesi.
    2- Prendi tutte le riviste di tutto il mondo e buttali insieme agli altri.
    3- Aggiungi montagne di messaggi personali, lettere, blog (come questo), opinioni, commenti (come questo).
    3- Mischia tutto senza criterio.
    Il motivo per il quale Google funziona è che non si pone il problema di capire il contenuto. Non vuole capire la semantica ma solo la sintassi delle cose. Se cerco “casa”… prende tutto ciò che presenta più volte la parola “casa” o che maggiormente referenzia pagine che contengono la parola “casa”. In altri casi vincono i soldi, e quindi le pagine scalano la classifica.
    Le azioni ora intraprese a livello “semantico” sono solo una invasione della privacy delle persone. I risultati migliorano perché Google ruba anche i singoli click degli utenti (avete mai visto cosa succede nella History se create l’account Google??). Questo non vuol dire essere “semantici”, ma approfittatori.
    WA funzionerà solo quando prima si renderà conto che è necessario rimettere ordine (temporale e tematico) e buttare tutto ciò di cui l’uomo non ha affatto bisogno ne di leggere e nè addirittura di mantenere in rete.

  • Mauro S. |

    Su questo le do pienamente ragione, ci sono molti problemi non affrontati (o forse affrontati di cui non ci è data sapere la soluzione) che lasciano un’ombra su progetti come WA, quel che spero io, personalmente, è che studi e progetti come questo portino per l’appunto a quel qualcosa di nuovo che identifico come il telescopio di Galileo però rapportato alla ricerca. Insomma che WA sia fondamentalmente le famose lenti olandesi. Il business model in realtà a progetti del genere non dovrebbe essere proprio applicato.. anche perchè la qualità di alcune risposte potrebbe soffrirne e dato che come ha giustamente sottolineato non c’è alcun supervisore super partes questo farebbe storcere il naso. Insomma dovrebbe vivere di soldi a fondo “perduto” (o investito?).
    Questi ultime due giorni gli ho ogni tanto dato un’occhiata e devo dire che dal punto di vista della comprensione del linguaggio mi aspettavo un po’ di più visto le premesse del creatore e del suo team. E’ anche vero che sono all’inizio. E ripeto, sempre da considerare la cosa nell’ottica di semplici lenti ottiche olandesi.
    Intanto la Microsoft ha annunciato l’inizio del rilascio di Bing dal primo di Giugno (tra 4 giorni), ho visto il video di presentazione.. sembra un enorme Kelkoo abbinato pero’ ad un motore di ricerca.. voglio provarlo ma sono sempre portato a pensare che la sconvolgente semplicità di Google (anche se questa caratteristica sta lentamente venendo meno) è decisamente più affascinante, John Maeda mi darebbe ragione su questo 😉 .. forse avrebbero dovuto cercare la via di mezzo, semplice ma un po’ guidato, ma devo provarlo per bene prima di sbilanciarmi!

  • Guido |

    Caro Mauro S, si figuri se io mi permetterei mai di dare dello sciocco agli entusiasti di WA, tra i quali, a quanto vedo, oltre a tanti simpatici lettori, si iscrive anche l’eccellente e caro amico Gianluca Dettori. Ma è che davvero che da una parte non riesco a vederci una promettente novità, dall’altra, anche tralasciando i problemi di completezza e di semantica, non capisco come WA possa fronteggiare la dimensione temporale (certi dati decadono rapidamente) ed epistemica (certe sorgenti sono più affidabili, altre meno) con la forza bruta di un team, per quanto esteso e laborioso. E poi, chi mi dice che quel team operi le scelte più appropriate? Devo fidarmi? E perché? Google stipula col suo utente un contratto chiaro e semplice, e non si commette sulla attendibilità di quel che trova. Wikipedia dà a tutti l’opportunità di dissentire e di correggere. Non altrettanto WA. Vedo problematico anche il business model: gestire in quel modo volumi di dati eterogenei di vaste dimensioni è molto costoso, l’impresa potrà riuscire solo se riuscirà a conquistare un pubblico rilevante e stabile, il che non è banale per nessuno. Spero di essere stato meno oscuro del solito, comunque, se il tema continuerà ad interessare, potrò dedicaci un post un po’ più specifico e approfondito.

  • Mauro S. |

    Pensavo inoltre.. l’obiettivo specifico di WA (e progetti similari) è quello di dare risposte dirette. Questo mi porta a pensare che internet senta il bisogno di qualcosa di nuovo in termini di offerta. Credo che la ricerca nella rete in questo senso potrebbe subire uno scisma. Un po’ come è successo con Wikipedia.
    Google fa operazioni matematiche, ti da subito i tassi di cambio, ti dice che tempo che fa, ti fornisce il significato degli acronimi e varie altre. E quando c’è quel piccolo risultato che sovrasta gli altri è inutile negare che si prova una certa soddisfazione nel leggerlo. Abbiamo ottenuto subito quello che cercavamo, non ci interessa girare più pagine per capire se domani pioverà, vorremmo la risposta più attendibile subito, non ci interessa capire quanto valgono 10 sterline in euro, vogliamo saperlo al volo. Questa direzione attira tutti inconsciamente. Avremmo, forse, in futuro la ricerca per definizione su Wikipedia, quella per consultazione su Google ed eventualmente la risposta diretta alla nostra domanda su WA (o quel che sarà).
    Senza contare che anche se non la entusiasma potrà ringraziarlo (o maledirlo) per le visite in piu’ che ha generato al suo blog 😉

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