La menzogna non è un’opinione

Alessandro-sallustiDella vicenda che dovrebbe portare il direttore de Il Giornale Sallusti in carcere per diffamazione, mi colpiscono certi aspetti della discussione che se ne sta facendo. Ad esempio, una dichiarazione dell'ex premier Berlusconi:

Chiederemo al governo di intervenire urgentemente […] affinche' casi come questi non si possano piu' verificare e nessuno possa essere incarcerato per avere espresso un'opinione

I fatti sono questi: una ragazzina peruviana adottata da una coppia torinese, in seguito separatasi, rimane incinta e d'accordo con la madre adottiva decide di abortire. Le due ritengono di non chiedere il consenso al padre adottivo separato, come la legge prevederebbe, perché la loro relazione si è deteriorata, e si rivolgono dunque per la necessaria autorizzazione al giudice tutelare, che la concede. In seguito, la ragazzina ottiene dal servizio sanitario le cure di supporto psicologico già richieste prima della gravidanza.

Sulle pagine di Libero, da autore anonimo al tempo di Sallusti direttore responsabile, questa non lieta vicenda diviene la seguente: due giovani genitori edonisti, per non rovinarsi le vacanze alle Maldive e non essere chiamati 'nonni' davanti agli amici, costringono la figlia ad abortire, con la complicità di un giudice nazi-comunista. L'aspirante madre tredicenne impazzisce dal dolore, i tre adulti meriterebbero la pena di morte.

Il giudice "nazi-comunista" ovviamente denuncia e querela, e a fronte della indisponibilità della testata al risarcimento e alla rettifica si arriva alla condanna di questi giorni. Molta stampa anche insospettabile parla di bavaglio e adombra che quello di Sallusti sarebbe un reato di opinione. Non mancano voci, come quella di Mario Cervi, che parlano (tanto per cambiare) di sentenza politica. Vediamo ora se, in questo garbuglio, la logica ci soccorre.

Mettiamo che ci sia un direttore d e una proposizione f riguardante un fatto , ad esempio f="la ragazza è stata costretta ad abortire". L'opinione di d sul fatto  si esprime attraverso i suoi atteggiamenti nei confronti della proposizione f. La logica doxastica ci dice chiaramente che se d crede f, non è detto che f sia vera. Ora, in effetti, poiché non tutte le proposizioni hanno un contenuto di verità facilmente accessibile, il direttore potrebbe aver sbagliato in buona fede, e non sarebbe giusto condannarlo per aver espresso una propria opinione. La logica epistemica ci dice invece che se d sa f, allora f è vera. Per questo c'è (o ci dovrebbe essere) una bella differenza nel dire "so che" e "credo che".

In modo interessante, possiamo combinare conoscenze e opinioni, cosa che facciamo in effetti normalmente, anche se, a volte, con troppa disinvoltura. Si potrebbe allora formulare qualcosa come d crede f e sa che non f: che si legge "il direttore crede a qualcosa che sa essere falso". Ora, si può mostrare che il suo atteggiamento nei confronti di f sarebbe in tal caso indifendibile, e che egli sarebbe logicamente inconsistente. Si crede in ciò che si sa, normalmente, per un minimo irrinunciabile di decenza intellettuale. E se il direttore (oggettivamente responsabile di un pezzo anonimo), consapevolmente, sbandierasse la propria indifendibile inconsistenza sulle pagine del proprio giornale calunniando un po' di persone, sarebbe condannabile sì (se a pene detentive, questa è un'altra questione).

Che Sallusti potesse sapere come stavano in effetti le cose credo che sia evidente, se non altro perché era pagato per questo, e inoltre la condanna è avvenuta a fronte del suo rifiuto di verificare i fatti e pubblicare le dovute rettifiche. Altro che opinioni: si è trattato di menzogne. E il fatto che vi sia  chi cerca di confondere le due nozioni, e tanta gente che casca nel tranello, sembra emblematico della situazione di sfascio della ragione in cui gravemente ci dibattiamo.

 

 

 

 

 

  • guido |

    Paolo, siamo in tempi di nuovo realismo. Si dice che questa storia della verità come mera costruzione (del potere, o più generalmente di un qualsivoglia scopo), cara ai c.d. ‘postmoderni’ e a molti politici e giornalisti del nostro fantasmagorico tempo, ci abbia portato in un vicolo cieco e buio. Essi non distiguono verità e opinione? Vanno rintuzzati: i dogmatici sono loro. Tu sai che piove e non ci credi? Peggio per te, come minimo ti bagnerai 🙂

  • Paolo |

    Non oserei discuterei sulla logica della tua analisi, Guido (magari sarebbe divertente chiacchierare un po’ su quel ‘credo che sia evidente’ :)… Oppure al massimo chioserei che ammettendo l’esistenza di ‘secondi fini’ (primi, temo), la posizione dell’accusato diventa forse piu’ abietta, ma certamente pure ben piu’ logicamente difendibile.
    Ma il mio commento lo getto piu’ a monte: dovremmo allora stupirci che in politica si tenti di confondere la verita’ con l’opinione?
    Ammetterai che e’ proprio li’, in quella dialettica, che nel bene e (qui) nel male, si gioca gran parte di ogni discussione, non solo politica. Arriverei persino ad insinuare provocatoriamente il sospetto, che forse l’alternativa, sperare cioe’ di poter separare univocamente la verita’ dall’opinione, suona un tantinello totalitario.
    E comunque piove, ma non ci credo!

  • Sergio |

    Sono perfettamente d’accordo.
    Le continue menzogne che secondo molti dovrebbero sotituire i fatti sono la caratteristica di molto cosiddetto giornalismo a spese del contribuente che si fonda anche sulla convinzione di impunità per vicinanza ai potenti.

  • Enrico Franconi |

    Bravo. Peraltro la logica non è che la formalizzazione del buonsenso…

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