La coscienza di Zan

Per otto anni, dalle elementari alle medie, ho avuto gli stessi compagni di classe. Era una delle ultime sezioni maschili di una scuola pubblica che si attardava nel modello segregazionista ottocentesco. Ma in classe c’era anche X, un bambino, poi ragazzino, di bellezza raffaellesca, dai modi molto diversi dai nostri, cioè estraneo alle nostre interminabili risse. Per tutto il percorso scolastico, X fu compagno di bancodi Y, un bambino, poi ragazzino, che a seguito di un trauma aveva perso i capelli e indossava costantemente un buffo cappelletto. Erano i due “freak” della classe, uniti dal loro destino di diversità.

Col passare degli anni, i modi gentili di X attirarono fatalmente la rozzezza dei più maschi. Finché un giorno, credo fossimo in prima media, Y chiese la parola alla Prof. e dichiarò alla classe che X riteneva di essere una ragazza. Lo fece, fu poi chiarito, su richiesta della stessa X, che non aveva il coraggio di dirlo con la sua voce e comunque aveva bisogno del sostegno del suo diletto compagno. Quel coming-out fu meno sconcertante di quanto si possa immaginare. In fondo, quella cosa noi la sapevamo. I più maschi iniziarono perfino a diventare romantici. Non so cosa abbia fatto poi X, la persi di vista. Forse ora è una bellissima signora, forse s’è rassegnata al suo corpo, chissà.

Questa vicenda m’è tornata alla memoria leggendo un nefasto articolo del matematico Odifreddi apparso su La Stampa in relazione al disegno di legge Zan. Mischiando una lettura beota della famosa frase Nietzsche “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, una citazione di Mann che non c’entra nulla (“si ha l’età che si sente di avere”) e il solito sfottò che gli analitici da baraccone riservano al cosiddetto “pensiero debole”, Odifreddi afferma che l’identità di genere non esiste: è un’invenzione che non trova riscontro nei duri fatti della biologia, la quale ci fornisce di un pene o di una vagina e niente più. La dodicenne X avrebbe allo stesso titolo di boutade potuto dirci di sentirsi un pinguino.

Questa corbelleria non meriterebbe alcun commento. Tuttavia, mostra una cosa interessante anche se risaputa: la logica non mette al riparo dalle aberrazioni del pensiero. In particolare, stabilire cosa esiste nel mondo non riguarda il ragionamento, ma la coscienza. Possibilmente pulita.