Papa Leone XIV ha annunciato di voler tornare sul tema dell’Intelligenza artificiale, in una enciclica intesa a proseguire la dottrina della Rerum Novarum del 1891. I temi sono già stati anticipati dalla nota Antiqua et Nova del 28 gennaio 2025, redatta dai Dicasteri per la Dottrina della Fede e per la Cultura e l’Educazione. Quel documento di 35 pagine, molto articolato ed esaustivo, fa propria la communis opinio che lo sviluppo e l’impiego dell’intelligenza artificiale debbano essere guidati dall’etica, affinché siano sempre al servizio della dignità della persona umana e del bene comune. C’è da aspettarsi che la nuova enciclica finirà per essere una variazione sul tema. Tuttavia, essendo il nuovo Papa un matematico agostiniano, potrebbe cogliere l’occasione per dare al leitmotiv dell’etica dell’IA un taglio più preciso e interessante.
Insegna Agostino che l’etica viene dall’intimo e volitivo incontro con Dio, il quale avviene in virtù della grazia, cioè qualcosa che Egli stesso infonde (gratuitamente, appunto) nell’animo umano. Non esiste dunque la possibilità che l’umanità giunga all’etica per via razionale, come sosteneva l’eretico Pelagio, o che ci arrivi per la via dell’introspezione, come voleva il materialista Epicuro. No: la grazia, fondamento dell’etica, è un soffio che viene direttamente da Lui.
Ora, se le cose stanno così, è chiaro che l’idea di infondere l’etica nell’AI potrebbe essere considerata, specialmente da un agostiniano, come una grossa bestemmia. E che: Dio insuffla la grazia in un Language Model? E che: va operare nei parametri delle reti neurali come un algoritmo di gradient descent? Ovviamente non è questo ciò che il Vaticano intende: la guida etica allo sviluppo dell’IA è un umano impegnarsi nella progettazione e nell’impiego dell’AI per il Bene, o quantomeno non per il Male. Si legge:
sia i fini che i mezzi usati in una data applicazione dell’IA, così come la visione generale che essa incorpora, devono essere valutati per assicurarsi che rispettino la dignità umana e promuovano il bene comune
Ma allora c’è da chiedersi: vi è davvero nell’AI una specificità, una peculiarità, una affordance, che la presta così generosamente al Male, tanto che si parla di etica dell’AI e non, che so, dei database relazionali? Darei per scontato che la risposta del Vaticano sia un chiaro e netto sì, altrimenti non si spiega tutta questa attenzione all’aspetto tecnologico.
La Rerum Novarum parlava del mondo industriale e dei conflitti sociali che lo attraversavano, ma non dell’elettricità, che pure ne era un fondamentale presupposto. Quindi, al contrario di ciò che accadeva ai tempi di Leone XIII, ora la tecnologia produce, in quanto tale, un salto di qualità: questa AI, con la sua misteriosa imitazione della ragione umana, è inerentemente subdola e infida, perché entra nel territorio della coscienza, dove opera la grazia divina. Dunque questa tecnologia va tenuta eticamente a bada. E chi, tra le istituzioni umane, si è finora incaricata (anche non richiesta) di tenera a bada l’etica, con modi talvolta anche un po’ bruschi?
Ma c’è un’altra cosa che potrebbe motivare l’interesse del Vaticano per l’AI. Sappiamo che la Rerum Novarum purtroppo non evitò le catastrofi sociali e politiche del ‘900. In compenso, segnò la discesa della Chiesa nel campo socio-economico e imprenditoriale: nessuno meglio dei cattolici poteva infatti sviluppare il business col senso della equità e della solidarietà della sua dottrina sociale. Ne nacquero poi cose come la Compagnia delle Opere.
Dobbiamo dunque aspettarci una AI Farm all’ombra del Cupolone?