Formal Ontology Meets Industry

Futurismo_09b  Sono a Vicenza al workshop Formal Ontology Meets Industry, co-localizzato con la European Conference on Knowledge Management. Il workshop, organizzato dal CNR e dall'Università di Padova riguarda le applicazioni pratiche dell'ontologia. Lo scopo della ricerca riguarda il modo in cui un punto di vista 'ontologico' (cioè relativo ad una teoria su "quello che c'è") possa aiutare a sviluppare sistemi intelligenti. L'ontologia è spesso messa in questione sotto il profilo pragmatico, anche se i padri del pragmatismo non sminuirono affatto il ruolo della metafisica. Il pragmatismo un po' terra-terra che prospera nell'Information Technology muove all'ontologia una tipica obiezione: "che ci importa di quello che c'è? Basta che il sistema funzioni". Io penso – ed è questo il senso del mio intervento di ieri – che l'ontologia possa e debba raccogliere la sfida del pragmatismo e dimostrare la sua utilità. L'ontologia, così come una qualsiasi teoria scientifica, deve dimostrare, oltre alla sua coerenza, la sua adeguatezza. Si può senz'altro dire che il beneficio potenziale di condividere una teoria sull' "arredo del mondo" si intuisce facilmente. Le intuizioni però non bastano per fare industria.
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  • Guido |

    Ciao Giorgio, piacere di conoscerti. Il fatto è che se valuti un’ontologia col metodo della scienza, quel ‘vero che ci sia’ diventa ‘adeguato da ipotizzare’. Poi resta da stabilire come si stimi l’adeguatezza nel caso di una teoria dell’essere. E qui sono d’accordo con te, non è dall’industria che i filosofi possono aspettarsi il criterio. Ma per le ontologie industriali non vedo quale altro criterio di adeguatezza possa esserci se non il cosiddetto ‘business’. Con l’avvertenza che stimare il contributo specifico di una certa concettualizzazione al successo di un’applicazione informatica non è affatto banale.

  • giorgio fontana |

    ciao guido.
    lungi da me sminuire l’importanza di un approccio pragmatista, ma non sono convinto che “qualsiasi teoria scientifica” debba dimostrare la sua “adeguatezza” e utilità. o, tantomeno, che l’ontologia debba per forza confrontarsi con ciò che “fa industria” o mostrarsi “utile”.
    questo non per tornare a un approccio purista nei confronti della metafisica. certo ci sono applicazioni dell’ontologia che hanno un valore pratico innegabile (penso solo alla biomedical ontology di barry smith), ma generalizzare la cosa mi sembra un po’ esagerato.
    dopotutto, quello che c’è non deve essere per forza utile. basta che sia vero che ci sia.
    giorgio

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